Gender difference increases specific risk factors for men compared to women and influences the course and clinical outcomes in Covid-19.

 

di Tommaso Spasari[*]

 

SOMMARIO:

I principali referenti normativi applicabili alla fattispecie:

Abstract.

  1. Introduzione.
  2. Discussione.
  3. Altri aspetti delle differenze biologiche di genere.
  4. Considerazioni conclusive.

Note bibliografiche scientifiche e sitografia

 

Per favore citate questo articolo nel seguente modo:

Spasari, T. “La differenza di genere aumenta i fattori di rischio specifici per gli uomini rispetto alle donne ed influenza il decorso e gli esiti clinici nel Covid-19”. Medicina e Scienze Umane, 2021, no. 1. https://www.medicinaescienzeumane.com/

 

oppure

 

Please cite this article as:

Spasari, T. Gender difference increases specific risk factors for men compared to women and influences the course and clinical outcomes in Covid-19Medicina e Scienze Umane, 2021(1). https://www.medicinaescienzeumane.com/

 

I principali referenti normativi applicabili alla fattispecie:

The applicable State law:

 

Art. 3, Legge 11/01/2018, n. 3, “Applicazione e diffusione della medicina di genere nel Servizio sanitario nazionale”.

 

 

Abstract.

 

In recent years, the scientific literature has shown that sex differences between women and men and even previous diseases can modify the immune response. A recent study published in the journal Communications Medicine examined these sex differences and correlated them with morbidity and mortality caused by Covid-19. Therefore, as in other species, men also have a greater predisposition to infections than women who have a more reactive immune system. Biological differences associated with sex are one of the main variables and are correlated with the amount of immune system genes placed on the X chromosome, but above all they are caused by the different sex hormones circulating in the blood and by the different concentrations of hormone receptors on the cells. For these reasons, gender medicine in recent years has become increasingly important and in the Italian legal system it is regulated by Article 3, Law 11/01/2018, n. 3. Men hospitalized for Covid-19 had more acute and more severe symptoms than women, including hypoxia and lymphopenia, but intubation was often also required. Scientific evidence indicates in almost all countries that men have a greater risk factor for serious infectious diseases and this is also demonstrated by the mortality from Covid-19 which is higher than that of women. Instead, women have a greater production of interferon so they are more resistant to viruses and also to Sars-CoV-2. However, some studies have correlated higher mortality in men with previous lung diseases caused by smoking. However, in addition to the biological differences between men and women, there are also differences in behavior, often related to environmental and social elements that modify habits and lifestyles. In addition, there are genetic differences between individuals that are not related to sex, often it is these protective genetic factors that make a person resistant to disease. In conclusion, I believe that the main risk factors in infections and Covid-19 are above all smoking, obesity, diabetes, previous diseases, aging and an unhealthy lifestyle which are more dangerous than the other factors of risk related to sex difference.

 

 

Keywords:

COVID-19; immune responses; sex-specific risk factors; immune differences between men and women.

 

Parole chiave:

rischio specifico correlato al sesso; differenze immunologiche di genere.

 

 

1.    Introduzione.

 

In questi anni una fiorente letteratura scientifica ha messo in luce come le differenze di genere, nonché il diverso impatto di queste ultime su molteplici patologie pregresse, possano influenzare in modo diverso la risposta immunitaria per donne e uomini. Difatti un recentissimo studio pubblicato sulla rivista Communications Medicine[1] ed edita da Nature si è soffermato molto più accuratamente su queste differenze di genere correlandole alla morbilità ed al tasso di mortalità a causa dell’infezione da Sars-CoV-2.

Nel corso degli ultimi anni moltissimi studi hanno evidenziato peculiarità che differenziano le donne dagli uomini anche nella prevalenza, nella patogenesi e negli esiti clinici di molte malattie infettive,[2] sicché alla luce dei risultati estrapolati sembrerebbe che anche tra gli esseri umani la popolazione maschile abbia generalmente una maggiore suscettibilità alle infezioni rispetto al genere femminile[3] che, viceversa, dimostra una maggiore reattività del sistema immunitario.[4] Nondimeno, per correttezza espositiva, va precisato che – come vedremo anche in prosieguo – questa maggiore efficienza del sistema immunitario non sempre comporta un vantaggio effettivo.

Le differenze biologiche associate al genere di una persona sono una delle principali fonti di variabilità interindividuale, influenzando anche le risposte immunitarie alle vaccinazioni ed influendo sulla frequenza e la gravità degli effetti avversi della vaccinazione medesima, tra cui febbre, dolore e infiammazione in quanto entrano in gioco meccanismi biologici che sono alla base delle risposte specifiche di genere ai vaccini ravvisabili prevalentemente in fattori genetici e ormonali.[5] Peraltro, uno studio dell’OMS effettuato nel 2010 ha dimostrato che nelle donne avere un titolo anticorpale più elevato in risposta alla vaccinazione antinfluenzale non modifica in modo significativo l’esito dell’influenza, che talvolta ha un decorso peggiore rispetto agli uomini.[6] A questo riguardo è stato evidenziato in più occasioni che la morbilità e la mortalità, nei focolai di influenza e nelle pandemie, sono risultate spesso più elevate per le donne rispetto agli uomini.[7]

D’altronde vari studi[8] hanno ipotizzato che le principali divergenze immunitarie tra donne e uomini vadano poste in relazione col quantitativo di geni inerenti al sistema immunitario ubicati sul cromosoma X (doppio nel caso delle donne, N.d.R.) nonché agli effetti dei diversi tipi di ormoni sulle cellule immunitarie.

Per questi motivi, la Medicina di genere ha già da tempo cittadinanza nel nostro ordinamento giuridico essendo stata introdotta de jure condito dall’art. 3[9] della Legge 11/01/2018, n. 3, rubricato “Applicazione e diffusione della medicina di genere nel Servizio sanitario nazionale” e che prevede espressamente al comma 2, lett. a) la «previsione di un approccio interdisciplinare tra le diverse aree mediche e le scienze umane che tenga conto delle differenze derivanti dal genere, al fine di garantire l’appropriatezza della ricerca, della prevenzione, della diagnosi e della cura».

A questo riguardo, illustri Medici come il Prof. Andrea Lenzi e la Prof.ssa Stefania Basili hanno contribuito notevolmente a questo passo in avanti attirando l’attenzione della ricerca medica sulle differenze di genere. Infatti si sono entrambi soffermati più volte nei loro scritti sulle molteplici differenze che si riscontrano tra donne e uomini nel decorso e nella terapia di molte patologie, sottolineando che: «La Medicina di genere non è quindi una nuova specialità, è una necessaria e doverosa dimensione interdisciplinare della medicina che vuole studiare l’influenza del sesso e del genere sulla fisiologia, fisiopatologia e patologia umana, vale a dire su come si instaurano, quali sono i sintomi, come si fa la prevenzione, come si curano le malattie negli uomini e nelle donne».[10]

 

 

2.    Discussione.

 

Sulla scorta di quanto suesposto anche la reazione immunitaria alla SARS-CoV-2 differisce tra uomini e donne sicché, pur sulla base di dati statistici provenienti da sistemi diversi, è stato evidenziato soprattutto avvalendosi dei dati del The Sex, Gender and COVID-19 Project[11] che gli uomini che contraggono l’infezione da SARS-CoV-2 hanno circa il 20% in più di probabilità di essere ricoverati, di aver bisogno di unità di terapia intensiva ed anche più probabilità di morire rispetto alle donne.[12]

Peraltro nel recente studio pubblicato sulla rivista Communications Medicine e qui in rassegna è stato evidenziato che gli uomini ospedalizzati erano più giovani delle donne e presentavano minori comorbilità quali obesità ed ipertensione, che sono state associate dalla letteratura scientifica[13] ad una maggiore incidenza di esiti infausti[14] durante il Covid-19.[15] Tuttavia gli uomini, nonostante presentassero un quadro clinico apparentemente più favorevole, avevano maggiori probabilità di manifestare in seguito sintomi patognomonici di una forma più acuta e potenzialmente più grave della Sars-CoV-2, presentando anche ipossia (insufficiente presenza di ossigeno nei tessuti, N.d.R.)[16] e linfopenia (forte riduzione di linfociti nel sangue circolante, N.d.R.)[17] e spesso era necessaria l’intubazione nel 16,4% contro il 13,2% dei casi osservati nelle donne.

Alla luce di questi risultati le evidenze scientifiche sembrerebbero indicare in modo trasversale in quasi tutti gli Stati che il genere maschile sarebbe un fattore di rischio per gravi patologie infettive, incrementando in questo modo anche la mortalità da Covid-19 che sarebbe circa di 1,7 volte maggiore rispetto a quella delle donne. Per altro verso, giova precisare che anche l’invecchiamento è fortemente associato ad un maggiore indice di mortalità in entrambi i sessi, sebbene risulterebbero proprio gli uomini più anziani il gruppo più vulnerabile in quanto già a tutte le età superiori ai 30 anni gli individui di genere maschile presenterebbero un rischio di mortalità significativamente più elevato.[18]

In effetti un recente studio[19] si è soffermato specificamente sulle differenze biologiche correlate al genere dimostrando come queste ultime possono influire sulla suscettibilità alle infezioni, sulla patogenesi precoce e sulla riduzione della replicazione virale, modificando le risposte immunitarie adattive ma anche modulando il complesso equilibrio tra l’infiammazione e la riparazione tissutale e migliorando la fase risolutiva dell’infezione.

Ciononostante io ritengo che vada preso in debita considerazione l’indice di massa corporea (IMC) e soprattutto il peso della massa grassa, che alla luce di un altro importante studio,[20] ha senz’altro un notevole impatto sul rischio di mortalità degli uomini rispetto alle donne. Mentre l’altro recente studio[21] pubblicato sulla rivista Communications Medicine sembra fornire dati di segno parzialmente opposto, evidenziando che invece l’obesità ha incrementato principalmente le probabilità d’intubazione ed il ricovero in terapia intensiva soprattutto delle donne. Sebbene sia emerso che in generale all’interno delle fasce di età più giovani cioè <55 anni e più anziane vale a dire ≥75 anni, le donne avevano comunque un rischio complessivo inferiore di intubazione e di ricovero in terapia intensiva rispetto agli uomini. Nondimeno va considerato che le patologie epatiche hanno avuto un impatto maggiore sulle donne rispetto agli uomini, aumentando nelle prime il rischio di intubazione rispetto a questi ultimi.

Tuttavia l’indirizzo di gran lunga prevalente invalso nella letteratura scientifica ha, invece, sottolineato più volte la significativa e pericolosa interazione tra genere ed obesità che ha causato verosimilmente una mortalità ospedaliera più elevata tra gli uomini obesi.

Notoriamente le risposte immunitarie alle infezioni virali divergono tra i due sessi, infatti i virus e gli altri agenti patogeni attaccano in modo differente donne e uomini probabilmente perché la presenza nelle prime di due cromosomi X rende il loro sistema immunitario più reattivo, perciò in grado di sviluppare risposte immunitarie più forti alle infezioni virali rispetto a questi ultimi che invece hanno un solo cromosoma X e uno Y. È questa conclusione è supportata dai dati sulle precedenti epidemie di coronavirus[22] SARS 2003[23] e MERS,[24] che hanno rivelato che gli uomini avevano un rischio di morte più elevato delle donne.

Peraltro, queste differenze epidemiologiche secondo alcune ipotesi potrebbero essere correlate al gene per il recettore ACE-2, che viene utilizzato dalla proteina Spike sia del SARS-CoV-2 che da quella del virus SARS per entrare nelle cellule umane, poiché trovandosi sul cromosoma X se qualche particolare isoforma della proteina del recettore ACE-2 rende alcuni più suscettibili al virus di altri, allora le donne avendo due copie del cromosoma X potrebbero essere più resistenti.

Altri autori hanno posto in relazione la maggiore mortalità maschile con i pregressi danni polmonari causati dalla maggiore propensione al tabagismo ed effettivamente questa ipotesi sembra molto plausibile.[25] Comunque molti altri virus, come ad es. quello dell’epatite C, causano infezioni più gravi e più letali negli uomini. Inoltre, alcune ricerche[26] effettuate con accurate analisi di laboratorio hanno rilevato negli uomini quasi sempre una maggiore carica virale per il virus dell’epatite B (HBV) e per quello dell’HIV.

Alcuni studi si sono concentrati in particolar modo sulle cellule dendritiche plasmacitoidi che sono alcune cellule immunitarie che secernono grandi quantità di interferone di tipo 1 (IFN) in risposta a un’infezione virale, sono importanti per collegare il sistema immunitario innato e adattivo, ma possono esacerbare alcune malattie autoimmuni come il lupus. Le cellule dendritiche plasmacitoidi circolano nel sangue ma si trovano anche negli organi linfoidi periferici e sono peraltro portatrici del recettore TLR7[27], una proteina che svolgerebbe precocemente funzioni di segnalazione, di rilevamento e di allarme incrementando significativamente la produzione di interferone (si chiama così perché interferisce con la crescita dei virus, N.d.R.) rispetto alle cellule immunitarie degli uomini.

Inoltre, i leucociti neutrofili[28] (una tipologia molto importante e numerosa di globuli bianchi del sistema immunitario, N.d.R.) delle donne sono più reattivi alla segnalazione dell’interferone. Però anche le cellule T helper (altri globuli bianchi c.d. linfociti T CD4+, N.d.R.) sono spesso in un numero maggiore negli individui di sesso femminile rispetto ai maschi ed attivano precocemente gli altri elementi del sistema immunitario adattativo.[29]

In realtà nella reazione alle infezioni virali vengono fisiologicamente rilasciati gli interferoni di tipo I e III (IFN) per ridurre la replicazione e la diffusione virale, inoltre aumenta la secrezione di citochine e fattori chemiotattici per reclutare e coordinare vari tipi di globuli bianchi, soprattutto monociti e neutrofili che possono fagocitare ed eliminare dall’organismo i virus. Tuttavia, nelle persone con forme gravi di Covid-19 è stato evidenziato un deficit nella produzione d’interferone per difetti genetici preesistenti o addirittura a causa della formazione di autoanticorpi contro l’interferone medesimo e questo causa un’anomala risposta immunitaria sbilanciata[30] sulla produzione di citochine infiammatorie con concentrazioni particolarmente elevate di interleuchina-6 (IL-6) e IL-1β e IL-18[31] che causano la c.d. tempesta citochinica.

L’impossibilità di attivare i meccanismi di difesa correlati alla via dell’interferone innesca una sorta di risposta compensativa[32] indipendente attraverso le citochine, tuttavia anche a fronte dell’incremento dei neutrofili[33] si osserva uno scarso risultato clinico in termini di riduzione della replicazione virale. Viceversa, l’esacerbazione dell’infiammazione sistemica incrementa l’infiltrazione polmonare di monociti e di neutrofili ed una progressiva grave compromissione della funzione polmonare. Le donne avendo una maggiore produzione dell’interferone probabilmente riescono a contrastare meglio il Sars-CoV-2 e questa è una delle ragioni più plausibili della maggiore resilienza al virus. Tuttavia anche nella maggior parte degli uomini la via dell’interferone è normalmente funzionante, in quanto la scarsa produzione d’interferone è stata evidenziata solo in un numero limitato di pazienti quasi sempre ospedalizzati.

Infatti alcune ricerche hanno evidenziato una maggiore stimolazione immunitaria da parte delle vaccinazioni[34] contro l’influenza, la febbre gialla, dengue e molti altri virus soprattutto nel genere femminile in cui è stata riscontrata la produzione di una migliore risposta anticorpale neutralizzante[35] – più elevata e protettiva rispetto al sesso maschile – e questo suggerisce la presenza di differenze di genere anche nello sviluppo dell’immunità adattiva.

Sulla scorta di quanto sopra prospettato anche una ricerca della Yale University[36] ha sottolineato che le pazienti donne ospedalizzate a causa dell’infezione da SARS-CoV-2 presentavano un maggior numero di cellule T attivate rispetto ai pazienti uomini, sicché questi dati clinici sembrerebbero rafforzare l’ipotesi che le donne sarebbero più protette da gravi infezioni perciò reagirebbero con una risposta immunitaria più potente nei confronti della SARS-CoV-2.

Ciononostante va rammentato che non è tutto oro ciò che luccica, perciò questo sistema immunitario iperattivo tipico del genere femminile va incontro ad una sorta di compensatio lucri cum damno dal punto di vista della salute, difatti predispone anche le donne alle patologie scaturenti da risposte immunitarie iperattive dato che il risvolto della medaglia di questa robusta immunità è che la stragrande maggioranza di individui con disimmunopatie (i pazienti con malattie autoimmuni, N.d.R.) come ad es. lupus, sclerosi multipla e artrite reumatoide sono prevalentemente donne (in  certi casi si sfiora un’incidenza di circa il 70-80%) e spesso si osservano clinicamente comorbilità da disimmunopatie multiple.[37] Sebbene va precisato che in immunologia sono stati notoriamente osservati due picchi di incidenza delle malattie autoimmuni: uno si verifica nelle giovani donne fra i 20 e i 30 anni ed un altro negli anziani di entrambi i generi, perciò sia nelle donne sia negli uomini che si avviano alla terza età.[38]

Inoltre, è ben nota agli infettivologi la presenza nel genere femminile di un fattore di rischio maggiore per la progressione di alcune infezioni correlate ad interazioni col sistema immunitario, come ad esempio l’infezione da HIV[39] che progredisce più rapidamente in AIDS rispetto a quanto accade negli uomini probabilmente a causa dei livelli più alti di proteina TLR7 ed alla più forte stimolazione del segnale.

 

 

3.    Altri aspetti delle differenze biologiche di genere.

 

Le principali differenze biologiche di genere probabilmente sono ascrivibili alla variazione delle concentrazioni di ormoni sessuali – principalmente al testosterone ed agli androgeni negli uomini ed al progesterone e agli estrogeni nelle donne. Perciò, è proprio questo diverso quadro ormonale che rappresenta la più importante fonte di differenze di genere nel sistema immunitario, poiché ogni cellula immunitaria del corpo maschile e femminile ha recettori specifici per i rispettivi ormoni sessuali.[40]

Tuttavia, le differenze fenotipiche ed immunologiche scaturenti dalla stimolazione ormonale non provengono necessariamente solo dalle diverse concentrazioni degli ormoni circolanti nel sangue, ma potrebbero anche scaturire dalle diverse concentrazioni di recettori degli ormoni sessuali presenti sulle cellule maschili e femminili. Difatti, a questo riguardo, la Prof.ssa Sabra Klein ha ipotizzato che anche i livelli di recettori degli estrogeni diminuiscono nelle donne dopo la menopausa.[41] Siffatta ipotesi è suffragata dall’incremento di alcuni fattori di rischio correlati ad alcune patologie (ad es. quelle cardiovascolari) che si osservano con aumentata frequenza nelle pazienti in concomitanza con la menopausa, allorché i livelli di estrogeni e di progesterone diminuiscono fisiologicamente.

Nella fase di menopausa è stata riscontrata anche una minore stimolazione immunitaria da parte delle vaccinazioni antinfluenzali[42] e questa riduzione dell’efficacia si riverbera probabilmente anche nei confronti delle altre vaccinazioni. A questo riguardo, alcuni studi hanno difatti posto in evidenza come i fattori di rischio durante l’infezione da Sars-CoV-2 siano maggiori nelle donne in postmenopausa rispetto a quelle in premenopausa.[43]

Tuttavia quando si analizzano le implicazioni delle differenze di genere per il trattamento e la prevenzione delle malattie non bisogna incorrere aprioristicamente in generalizzazioni che potrebbero essere fuorvianti dato che in generalibus latet error. Nelle infezioni generalmente contano tre elementi: la virulenza dell’agente patogeno, l’ambiente, ma soprattutto la resistenza individuale dell’ospite, come ha recentemente ribadito il Prof. Stanley Perlman, virologo e specialista di malattie infettive pediatriche presso l’Università dell’Iowa, che non ha mancato di sottolineare che: «Il virus è importante, ma la risposta dell’ospite conta almeno altrettanto, e probabilmente di più».[44] Pertanto, oltre al genere va preso in considerazione soprattutto lo stato generale e le patologie pregresse del paziente, dato che un uomo più sano o con un sistema immunitario migliore potrebbe essere più resistente e resiliente rispetto ad una donna con comorbilità importanti. In tal senso si è orientato un recente studio che ha dimostrato che gli uomini con malattie lievi possono produrre una risposta anticorpale in risposta al virus anche maggiore di quella delle donne.[45]

Molte ricerche però nel tentativo di comprendere il quia di questa significativa divergenza di morbilità e mortalità maschile rispetto a quella femminile hanno acceso i riflettori sull’importanza degli stili di vita, rimarcando come le donne in generale abbiano una vita più salutare, viceversa molti uomini sarebbero etilisti, tabagisti ed obesi e questa spiegazione è certamente plausibile.

Al riguardo la Dott.ssa Teresita Mazzei, coordinatrice della commissione Fnomceo, ha asserito che il sesso può influire determinando a livello generale alcune caratteristiche della risposta immunitaria, precisando che le infezioni batteriche, virali e parassitarie si manifestano prevalentemente e più gravemente negli uomini e di meno nelle donne perché queste ultime fumerebbero di meno ed avrebbero una minore propensione verso l’abuso di alcolici, ma anche perché dimostrerebbero maggiore aderenza alle regole igieniche anche lavandosi le mani di più degli uomini.[46]

In un’intervista rilasciata al The Guardian[47] la Prof.ssa Sarah Hawkes – direttrice del Centro UCL per il genere e la salute globale – ha ribadito che il coronavirus attacca i polmoni perciò in Cina, essendoci un tasso di fumatori uomini veramente molto alto (mentre solo il 2% delle donne fuma), si è immediatamente pervenuti alla conclusione che la causa maggiore di morbilità e mortalità degli uomini potesse essere la propensione al tabagismo.

Difatti, uno studio pubblicato l’anno scorso sul New England Journal of Medicine sembra avvalorare proprio questa teoria indicando che i fumatori costituivano circa il 12% degli infetti con sintomi meno gravi e il 26% di quelli che sono stati ricoverati in terapia intensiva o sono morti.[48] Inoltre, il tabagismo potrebbe favorire e semplificare la trasmissione del coronavirus in quanto è stata evidenziata la pessima abitudine dei fumatori di portarsi frequentemente le mani (sporche) in prossimità della bocca.[49]

 

 

4.    Considerazioni conclusive.

 

Sulla scorta di quanto sopra prospettato è verosimile ritenere che effettivamente ci siano dei meccanismi biologici diversi tra donne e uomini, soprattutto per quanto concerne le risposte immunitarie, che possono incidere sul decorso e sulla gravità del Covid-19.

Mi sia consentita però una breve osservazione metodologica, i dati degli studi qui menzionati stabiliscono un ruolo importante delle differenze di genere in riferimento al funzionamento del sistema immunitario, cercando di comprendere quali elementi svolgono un ruolo causale nella progressione della malattia e quali no. Ma va premesso che i livelli di alcune citochine infiammatorie – sia negli uomini che nelle donne – possono anche essere influenzati dal Covid-19 medesimo oppure da altri fattori come ad es. una comorbilità pregressa. Sicché capire bene questi meccanismi immunologici d’azione potrebbe essere la chiave di volta per migliorare significativamente elementi fondamentali come l’appropriatezza e la reattogenicità dei vaccini attuali e futuri.

Nondimeno, anche il recente studio pubblicato sulla rivista Communications Medicine ha dei limiti perché i dati sono stati raccolti sia durante la prima ondata pandemica sia durante la successiva, quando ormai c’erano finanche dei protocolli terapeutici consolidati. Tra l’altro gli stessi autori non hanno potuto escludere che le differenze di genere possano aver influito nella ricerca o nell’accesso alle cure alterando i risultati. Infine, va detto che è incerta la completezza e l’accuratezza dei dati estratti automaticamente e senza revisione manuale dalle cartelle cliniche elettroniche, infatti soprattutto sulla comorbilità potrebbero esserci informazioni incomplete per alcuni pazienti.

Ne consegue che è inopportuno fare improprie generalizzazioni in quanto questi studi ci forniscono dati molto importanti, ma pur sempre nell’ottica di una visione parziale e riduttiva della realtà poiché si sono soffermati sugli ammalati ospedalizzati, che per ovvie ragioni dovevano avere sintomi gravi per essere ricoverati, ma in realtà nulla ci dicono sull’effettiva incidenza dei sintomi sulla quella vasta fascia di uomini e di donne asintomatici o paucisintomatici, che hanno superato l’infezione da Sars-CoV-2 senza particolari complicanze.

Giova rammentare che è sempre fuorviante interpretare i dati in modo assiomatico e generalizzato, specialmente perché in questo caso si può dare una falsa sicurezza alla popolazione femminile ed alimentare ingiustificate paure negli individui di genere maschile. In realtà solo l’inoculazione di una doppia dose di vaccino anti Covid-19[50] è l’unica vera immunità che metta al sicuro, almeno dalle forme gravi dell’infezione da Sars-CoV-2. Viceversa, gli altri possibili fattori di resistenza legati al genere non mettono totalmente al riparo dal rischio di infezione e di ospedalizzazione. Infatti, si è visto che in alcuni casi dei centenari superavano il Covid-19 mentre dei giovani (anche dei minori) – apparentemente sani ma non vaccinati – finivano in terapia intensiva o morivano imprevedibilmente.

Ma va conclusivamente ribadito che, pur non essendo dati incontrovertibili, lo studio pubblicato su Communications Medicine ha il grande merito di aver raccolto un’enorme quantità di dati per cercare di mettere in luce i meccanismi sottesi alla patogenesi del Covid-19, fornendo una descrizione dettagliata in ambito nosocomiale delle interazioni tra genere, obesità ed ipossia sia in riferimento alla mortalità sia per quanto concerne l’intubazione ed il ricovero in terapia intensiva. Altresì, è di tutta evidenza – anche sulla base di altri studi – l’effettiva sussistenza di una correlazione statisticamente significativa tra il genere maschile ed un incremento del tasso di morbilità e di mortalità causati dal Sars-CoV-2.

Al riguardo va sottolineato però che, oltre alle differenze biologiche di genere, sussistono tra uomini e donne anche delle diversità comportamentali correlate, spesso, ad elementi ambientali e sociali che agiscono modificando abitudini e stili di vita. Inoltre, c’è soprattutto una base genetica responsabile della variabilità interindividuale e che non è correlata al genere, infatti spesso sono proprio i c.d. fattori protettivi di resistenza l’elemento che rende geneticamente resistente un soggetto nei confronti di determinate malattie.

Ma va altresì precisato che gli elementi ambientali e lo stile di vita non sono fattori estranei ed avulsi dalla nostra esistenza, viceversa agiscono ed interagiscono in modo sinergico col nostro genotipo (il corredo di tutti i geni che compongono il DNA di un individuo, N.d.R.) modificando l’espressione genica o alterando i sistemi di regolazione del DNA. Sicché questi c.d. cambiamenti epigenetici possono modificare il fenotipo (la somma del genotipo e dalle influenze ambientali che determinano le caratteristiche morfologiche e funzionali di una persona, N.d.R.), senza alterare il genotipo e di conseguenza aumentare o ridurre comunque il rischio di malattia.

Alla luce di quanto sopra prospettato, melius re perpensa, io credo che davvero gli stili di vita poco salutari abbiano un pesante impatto sulla mortalità e sulla morbilità nei confronti di tutte le malattie, ma che oltre al fumo vadano posti sotto la lente d’ingrandimento anche l’obesità, le malattie cardiovascolari e quelle metaboliche poiché è sotto gli occhi di tutti che le donne siano maggiormente propense a mantenersi snelle ed in buona forma fisica, viceversa ci sono davvero molti più uomini obesi.

Nondimeno, il quadro clinico delle donne obese e diabetiche potrebbe essere addirittura peggiore di quello degli uomini, associandosi ad una più o meno analoga o addirittura maggiore frequenza di morbilità e di mortalità. Difatti a questo riguardo la Prof.ssa Stefania Basili ed il Prof. Andrea Lenzi in un recente studio[51] hanno sottolineato che il diabete è l’unica condizione che inverte il vantaggio femminile nel rischio cardiovascolare, soggiungendo che le donne diabetiche sperimentano esiti clinici peggiori correlati all’età rispetto agli uomini diabetici, specialmente nell’ambito delle malattie cardiache ischemiche.

Per questi motivi io ritengo che siano proprio l’elevato indice di massa (grassa) corporea (BMI), la disglicemia e le adipochine alte (citochine prodotte dalla massa grassa, tra cui va annoverata anche la famigerata interleuchina-6) a giocare un ruolo di primo piano nell’inibire la risposta immunitaria negli uomini obesi e diabetici. A questo riguardo un recentissimo studio dei colleghi dell’Università di Oxford – pubblicato sulla rivista Circulation[52] – ha dimostrato che alti livelli di glucosio nel sangue, tipici del diabete, alterano le cellule staminali nel midollo osseo, che diventano poi macrofagi (un tipo di globuli bianchi che secernono l’IL-6), contribuendo ad indurre fenomeni infiammatori molto intensi e favorendo anche lo sviluppo di placche aterosclerotiche che possono causare infarti. Il Prof. Robin Choudhury, che ha coordinato la suddetta ricerca, si è difatti soffermato sul problema spesso sottovalutato da molti che: «il diabete causa cambiamenti a lungo termine nel sistema immunitario e come ciò potrebbe causare il costante aumento del rischio di infarto».[53]

In conclusione, a mio avviso, i principali fattori di rischio nelle infezioni nonché nel Covid-19 sono soprattutto il fumo, l’obesità, il diabete,[54] le malattie pregresse, l’invecchiamento e lo stile di vita insalubre che sono più pericolosi degli altri fattori di rischio correlati alla differenza di sesso.

 

 

Note bibliografiche scientifiche e sitografia

[*]Professore nell’Università degli Studi Niccolò Cusano – Telematica Roma; Direttore Scientifico della Rivista Medicina e Scienze Umane, Responsabile delle Discipline Mediche; Medico Chirurgo; Avvocato; Specialista in Professioni Legali; Dottore di Ricerca in Medicina Legale e Scienze Forensi;

[1] Jun, T., Nirenberg, S., Weinberger, T. et al.Analysis of sex-specific risk factors and clinical outcomes in COVID-19Commun Med 1, 3 (2021). https://doi.org/10.1038/s43856-021-00006-2 ;

[2] Pujadas, E. et al., SARS-CoV-2 viral load predicts COVID-19 mortality. Lancet Respir. Med. 8, e70 (2020), DOI: https://doi.org/10.1016/S2213-2600(20)30354-4 ;

[3] Steeg, L. Gvom & Klein, S. L., SeXX matters in infectious disease pathogenesis. PLoS Pathogens 12, e1005374 (2016), https://doi.org/10.1371/journal.ppat.1005374 ;

[4] Klein, S. L. & Flanagan, K. L., Sex differences in immune responses. Nat. Rev. Immunol. 16, 626–638 (2016), https://doi.org/10.1038/nri.2016.90 ;

[5] Klein, S. L., Jedlicka, A. & Pekosz, A., The Xs and Y of immune responses to viral vaccines. Lancet Infect. Dis. 10, 338–349 (2010), DOI: https://doi.org/10.1016/S1473-3099(10)70049-9 ;

[6] Ibidem, Jun, T., Nirenberg, S., Weinberger, T. et al.Analysis of sex-specific risk factors and clinical outcomes in COVID-19;

[7] Klein, S. L., Hodgson, A. & Robinson, D. P., Mechanisms of sex disparities in influenza pathogenesis. J. Leukoc. Biol. 92, 67–73 (2012), https://doi.org/10.1189/jlb.0811427 ;

[8] WHO. WHO|Sex, gender and influenzahttps://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/44401/9789241500111_eng.pdf?sequence=1&isAllowed=y ;

[9] Cfr., amplius, L. 11/01/2018, n. 3, in Leggi d’Italia Wolters Kluwer Italia Srl: Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute. Pubblicata nella Gazz. Uff. 31 gennaio 2018, n. 25. “Art. 3. Applicazione e diffusione della medicina di genere nel Servizio sanitario nazionale – In vigore dal 15 febbraio 2018

  1. Il Ministro della salute, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e avvalendosi del Centro nazionale di riferimento per la medicina di genere dell’Istituto superiore di sanità, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, predispone, con proprio decreto, un piano volto alla diffusione della medicina di genere mediante divulgazione, formazione e indicazione di pratiche sanitarie che nella ricerca, nella prevenzione, nella diagnosi e nella cura tengano conto delle differenze derivanti dal genere, al fine di garantire la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale in modo omogeneo sul territorio nazionale.
  2. Il decreto di cui al comma 1 è adottato nel rispetto dei seguenti princìpi:
  3. a) previsione di un approccio interdisciplinare tra le diverse aree mediche e le scienze umane che tenga conto delle differenze derivanti dal genere, al fine di garantire l’appropriatezza della ricerca, della prevenzione, della diagnosi e della cura;
  4. b) promozione e sostegno della ricerca biomedica, farmacologica e psico-sociale basata sulle differenze di genere; c) promozione e sostegno dell’insegnamento della medicina di genere, garantendo adeguati livelli di formazione e di

aggiornamento del personale medico e sanitario;

  1. d) promozione e sostegno dell’informazione pubblica sulla salute e sulla gestione delle malattie, in un’ottica di differenza di genere.
  2. Il Ministro della salute emana apposite raccomandazioni destinate agli Ordini e ai Collegi delle professioni sanitarie, alle società scientifiche e alle associazioni di operatori sanitari non iscritti a Ordini o Collegi, volte a promuovere l’applicazione della medicina di genere su tutto il territorio nazionale.
  3. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, è predisposto un Piano formativo nazionale per la medicina di genere, volto a garantire la conoscenza e l’applicazione dell’orientamento alle differenze di genere nella ricerca, nella prevenzione, nella diagnosi e nella cura. A tal fine, sono promossi specifici studi presso i corsi di laurea delle professioni sanitarie nonché nell’ambito dei piani formativi delle aziende sanitarie con requisiti per l’accreditamento nell’educazione continua in medicina.
  4. Il Ministro della salute trasmette alle Camere, con cadenza annuale, una relazione sulle azioni di promozione e di sostegno della medicina di genere attuate nel territorio nazionale sulla base delle indicazioni di cui al presente articolo, anche attraverso l’istituzione di un Osservatorio dedicato alla medicina di genere, istituito presso gli enti vigilati dal Ministero della salute. La partecipazione all’Osservatorio non dà diritto alla corresponsione di gettoni di presenza, compensi, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.
  5. All’attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”;

[10] Baggio G., Basili S., Lenzi A., Medicina di genere. Una nuova sfida per la formazione del medico, Medicina e Chirurgia, 62: 2778-2782, 2014. DOI: https://doi.org/10.4487/medchir2014-62-1 ; http://www.quaderni-conferenze-medicina.it/medicina-di-genere-una-nuova-sfida-per-la-formazione-del-medico/ ;

[11] The Sex, Gender and COVID-19 Project, Tracking differences in COVID-19 infection, illness and death among women and men and producing the world’s largest analysis of sex and gender in national COVID-19 health policieshttps://globalhealth5050.org/the-sex-gender-and-covid-19-project/

[12] Katarina Zimmer, Why Some COVID-19 Cases Are Worse than Others. Emerging data as well as knowledge from the SARS and MERS coronavirus outbreaks yield some clues as to why SARS-CoV-2 affects some people worse than others.

Feb 24, 2020, in https://www.the-scientist.com/news-opinion/why-some-covid-19-cases-are-worse-than-others-67160 ;

[13] Guan, W.-J. et al., Comorbidity and its impact on 1590 patients with Covid-19 in China: a nationwide analysis. Eur. Respir. J. https://doi.org/10.1183/13993003.00547-2020 (2020);

[14] Du, R.-H. et al., Predictors of mortality for patients with COVID-19 pneumonia caused by SARS-CoV-2: a prospective cohort study. Eur. Respir. J. https://doi.org/10.1183/13993003.00524-2020 (2020);

[15] Bastard, P. et al., Autoantibodies against type I IFNs in patients with life-threatening COVID-19Science, 370, https://doi.org/10.1126/science.abd4585 (2020);

[16] Grasselli, G. et al., Baseline characteristics and outcomes of 1591 patients infected with SARS-CoV-2 admitted to ICUs of the Lombardy Region, Italy. JAMA. https://doi.org/10.1001/jama.2020.5394 (2020);

[17] Tartof, S. Y. et al., Obesity and mortality among patients diagnosed with COVID-19: results from an integrated health care organization. Ann. Intern. Med. https://doi.org/10.7326/M20-3742 (2020);

[18] Takehiro Takahashi, Akiko Iwasaki et al., Sex differences in immune responses, Science, 22 Jan 2021:

Vol. 371, Issue 6527, pp. 347-348 DOI: https://doi.org/10.1126/science.abe7199 ;

[19] E. P. Scully et al., Considering how biological sex impacts immune responses and COVID-19 outcomes, Nat. Rev. Immunol. 20, 442 (2020) DOI: https://doi.org/10.1038/s41577-020-0348-8 ;

[20] Ibidem, Tartof, S. Y. et al., Obesity and mortality among patients diagnosed with COVID-19: results from an integrated health care organization;

[21] Jun, T., Nirenberg, S., Weinberger, T. et al., Analysis of sex-specific risk factors and clinical outcomes in COVID-19. Commun Med 1, 3 (2021). https://doi.org/10.1038/s43856-021-00006-2 ;

[22] Alghamdi I, Hussain I, Almalki S, Alghamdi M, Alghamdi M, El-Sheemy M, The pattern of Middle East respiratory syndrome coronavirus in Saudi Arabia: a descriptive epidemiological analysis of data from the Saudi Ministry of Health, DOI: https://doi.org/10.2147/IJGM.S67061 ;

[23] J Karlberg , D S Y Chong, W Y Y Lai, Do men have a higher case fatality rate of severe acute respiratory syndrome than women do? PMID: 14742282 PMCID: PMC7110237 DOI: 10.1093/aje/kwh056 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/14742282/ ;

[24] Kazhal Mobaraki & Jamal Ahmadzadeh, Current epidemiological status of Middle East respiratory syndrome coronavirus in the world from 1.1.2017 to 17.1.2018: a cross-sectional study, Published 27 April 2019, DOI

https://doi.org/10.1186/s12879-019-3987-2 ;

[25] V., ibidem, Katarina Zimmer, Why Some COVID-19 Cases Are Worse than Others;

[26] Cfr., passim, Klein, S. L. & Flanagan, K. L., Sex differences in immune responses. Nat. Rev. Immunol. 16, 626–638 (2016), https://doi.org/10.1038/nri.2016.90 ; nonché v., amplius, Takehiro Takahashi, Mallory K. Ellingson, Akiko Iwasaki, Sex differences in immune responses that underlie COVID-19 disease outcomes, Published 26 August 2020, Issue Date 10 December 2020, DOI: https://doi.org/10.1038/s41586-020-2700-3 ;

[27] Angela Meier, J Judy Chang, Ellen S Chan, Richard B Pollard, Harlyn K Sidhu, Smita Kulkarni,Tom Fang Wen1 Robert J Lindsay, Liliana Orellana, Donna Mildvan, Suzane Bazner, Hendrik Streeck, Galit Alter, Jeffrey D Lifson, Mary Carrington, Ronald J Bosch, Gregory K Robbins & Marcus Altfeld, Sex differences in the Toll-like receptor–mediated response of plasmacytoid dendritic cells to HIV-1, DOI: https://doi.org/10.1038/nm.2004

[28] Sarthak Gupta, Shuichiro Nakabo, Luz P. Blanco, Liam J. O’Neil, Sex differences in neutrophil biology modulate response to type I interferons and immunometabolism, PNAS July 14, 2020 117 (28) 16481-16491; first published June 29, 2020; https://doi.org/10.1073/pnas.2003603117 ;

[29] Sabra L. Klein & Katie L. Flanagan, Sex differences in immune responses, Published: 22 August 2016, DOI: https://doi.org/10.1038/nri.2016.90 ;

[30] Daniel Blanco-Melo, Benjamin E. Nilsson-Payant, Wen-Chun Liu, Jean K. Lim, Randy A. Albrecht, Benjamin R. tenOever, Imbalanced Host Response to SARS-CoV-2 Drives Development of COVID-19CELL, ARTICLE| VOLUME 181, ISSUE 5, P1036-1045.E9, MAY 28, 2020; DOI: https://doi.org/10.1016/j.cell.2020.04.026 ;

[31] Lucas, C., Wong, P., Klein, J. et al., Longitudinal analyses reveal immunological misfiring in severe COVID-19. Nature 584, 463–469 (2020). https://doi.org/10.1038/s41586-020-2588-y ;

[32] S. Nish, R. Medzhitov, Host Defense Pathways: Role of Redundancy and Compensation in Infectious Disease Phenotypes, Immunity 34, 629 (2011). DOI: https://doi.org/10.1016/j.immuni.2011.05.009 ;

[33] Jun Wang, Qian Li, Yongmei Yin, Excessive Neutrophils and Neutrophil Extracellular Traps in COVID-19, Front. Immunol. 11, 2063 (2020). https://doi.org/10.3389/fimmu.2020.02063 ;

[34] Maria E. Lorenzo, Andrea Hodgson, Dionne P. Robinson, Jenifer B. Kaplan, Andrew Pekosz and Sabra L. Klein, Antibody responses and cross protection against lethal influenza A viruses differ between the sexes in C57BL/6 Micehttps://dx.doi.org/10.1016%2Fj.vaccine.2011.09.110 ; https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3206291/

[35] Peter Aaby, Christine Stabell Benn, Katie L. Flanagan, Sabra L. Klein, Tobias R. Kollmann, David J. Lynn & Frank Shann, The non-specific and sex-differential effects of vaccines, Published 27 May 2020, Issue Date August 2020, DOI:

https://doi.org/10.1038/s41577-020-0338-x ;

[36] Takehiro Takahashi, Mallory K. Ellingson, Akiko Iwasaki, Sex differences in immune responses that underlie COVID-19 disease outcomes, Published 26 August 2020, Issue Date 10 December 2020, DOI: https://doi.org/10.1038/s41586-020-2700-3 ;

[37] Catherine Offord, Sex Differences in Immune Responses to Viral Infection. Stronger interferon production, greater T cell activation, and increased susceptibility to autoimmunity are just some of the ways that females seem to differ from males. Mar 1, 2021, https://www.the-scientist.com/features/sex-differences-in-immune-responses-to-viral-infection-68466 ;

[38] Silvia Turin, AstraZeneca e trombosi in Francia, perché i dati sugli uomini anziani non devono preoccupare, si aggiungono i dati sugli affetti avversi rari. «Fatto normale che il meccanismo autoimmune si possa manifestare anche in persone di maggiore età». Pesa anche il dato statistico: prima il vaccino era dato solo a minori di 60 anni, adesso solo a maggiori, 17 aprile 2021, 18:31, in https://www.corriere.it/salute/malattie_infettive/21_aprile_17/astrazeneca-trombosi-francia-perche-dati-uomini-anziani-non-devono-preoccupare-45f5bc48-9f83-11eb-8597-6499de4a4df8.shtml ;

[39] Marta Rodriguez-Garcia, Nabanita Biswas, Mickey V. Patel, Fiona D. Barr, Sarah G. Crist, Christina Ochsenbauer, John V. Fahey, Charles R. Wira, Estradiol Reduces Susceptibility of CD4+ T Cells and Macrophages to HIV-Infection, Published: April 17, 2013, https://doi.org/10.1371/journal.pone.0062069 ;

[40] V., passim, Catherine Offord, Sex Differences in Immune Responses to Viral Infection;

[41] V., ibidem, Catherine Offord, Sex Differences in Immune Responses to Viral Infection;

[42] Tanvi Potluri, Ashley L. Fink, Kristyn E. Sylvia, Santosh Dhakal, Meghan S. Vermillion, Landon vom Steeg, Sharvari Deshpande, Harish Narasimhan & Sabra L. Klein, Age-associated changes in the impact of sex steroids on influenza vaccine responses in males and females, Published 12 July 2019 DOI: https://doi.org/10.1038/s41541-019-0124-6 ;

[43] Ricardo Costeira, Karla A. Lee, Benjamin Murray, Colette Christiansen, Juan Castillo-Fernandez, Mary Ni Lochlainn, Joan Capdevila Pujol, Heather Macfarlane, Louise C. Kenny, Iain Buchan, Jonathon Wolf, Janice Rymer, Sebastien Ourselin, Claire J. Steves, Timothy D. Spector, Louise R. Newson, Jordana T. Bell, Estrogen and COVID-19 symptoms: associations in women from the COVID Symptom Study, doi: https://doi.org/10.1101/2020.07.30.20164921 ;

[44] v., passim, Katarina Zimmer, Why Some COVID-19 Cases Are Worse than Others;

[45] Ludivine Grzelak, Aurélie Velay, Yoann Madec, Floriane Gallais, Isabelle Staropoli, Catherine Schmidt-Mutter, Marie-Josée Wendling, Nicolas Meyer, Cyril Planchais, David Rey, Hugo Mouquet, Ludovic Glady, Yves Hansmann, Timothée Bruel, Jérome De Sèze, Arnaud Fontanet, Maria Gonzalez, Olivier Schwartz and Samira Fafi-Kremer, Sex differences in the decline of neutralizing antibodies to SARS-CoV-2, doi: https://doi.org/10.1101/2020.11.12.20230466 ;

[46] V., passim, Agi – Agenzia Giornalistica Italia S.p.A., Perché il Covid uccide più gli uomini che le donne. Analisi Fnomceo: “Globalmente le donne presentano meno complicanze. I motivi non sono del tutto chiari, ma probabilmente ciò è dovuto a diversi fattori, che dipendono dal sesso e dal genere”, 30 gennaio 2021, https://www.agi.it/cronaca/news/2021-01-30/covid-uccide-piu-uomini-che-donne-11201238/ ;

[47] The Guardian, Men are much more likely to die from coronavirus – but why? Trend has been replicated in all nations, but scientists cannot yet fathom the cause, Thu 16 Apr 2020, https://www.theguardian.com/world/2020/mar/26/men-are-much-more-likely-to-die-from-coronavirus-but-why ;

[48] Gabriele Fazio, Perché il coronavirus colpisce più gli uomini che le donne? Le ipotesi Il numero di morti trai maschi supera di gran lunga quello del genere femminile. Diversi sono stati i tentativi di spiegare la causa, ma una vera ragione non è ancora sta individuata. Il punto, in AGI, 26 marzo 2020, https://www.agi.it/cronaca/news/2020-03-26/coronavirus-morti-uomini-donne-7880395/ ;

[49] Malattia da Coronavirus (COVID-19): Tabacco 27 maggio 2020https://www.who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019/question-and-answers-hub/q-a-detail/coronavirus-disease-covid-19-tobacco ;

[50] Cfr., ex plurimis, Spasari Tommaso, “Aspetti medici e giuridici dell’obbligo vaccinale del personale sanitario in Italia ai tempi della pandemia da coronavirus: la ratio ispiratrice del legislatore osservata dalla prospettiva della Medicina Legale e del Lavoro”. Medicina e Scienze Umane, 2021, no. 1, https://www.medicinaescienzeumane.com/

[51] V., ibidem, Raparelli V, Proietti M, Romiti GF, Lenzi A, Basili S and the EVA Collaborative Group (2019), The Sex-Specific Detrimental Effect of Diabetes and Gender-Related Factors on Pre-admission Medication Adherence Among Patients Hospitalized for Ischemic Heart Disease: Insights From EVA Study. Front. Endocrinol. 10:107. 25 February 2019, doi: https://doi.org/10.3389/fendo.2019.00107 ; https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fendo.2019.00107/full ;

[52] Laurienne Edgar, Naveed Akbar, Adam T. Braithwaite, Thomas Krausgruber, Héctor Gallart-Ayala, Jade Bailey, Hyperglycaemia Induces Trained Immunity in Macrophages and Their Precursors and Promotes Atherosclerosis, Circulation, 2021, https://doi.org/10.1161/CIRCULATIONAHA.120.046464 ;

[53] Cfr., ampliushttps://www.ox.ac.uk/news/2021-07-14-high-blood-sugar-levels-reprogramme-stem-cells ;

[54] V., ibidem, Spasari Tommaso, “Aspetti medici e giuridici dell’obbligo vaccinale del personale sanitario in Italia ai tempi della pandemia da coronavirus: la ratio ispiratrice del legislatore osservata dalla prospettiva della Medicina Legale e del Lavoro”. Medicina e Scienze Umane, 2021, no. 1, https://www.medicinaescienzeumane.com/

 

 

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