The neuroscientific technical consultancy between Forensic Medicine and Bio-Law

 

di Tommaso Spasari, M.D., Ph.D.[*]

 

ORCID iD iconhttps://orcid.org/0000-0002-0325-0844

 

Accettato: 28 gennaio 2022 – Pubblicato: 06 febbraio 2022 – Modificato: 18 novembre 2022

 

 

SOMMARIO:

I principali referenti normativi applicabili alla fattispecie:

Abstract.

  1. Introduzione.
  2. L’evoluzione della prova scientifica tra verità empirica e criterio di falsificabilità.
  3. Le implicazioni della causalità scientifica nell’epistemologia giudiziaria.
  4. L’utilizzo dei modelli diagnostici neuroscientifici nel contesto della valutazione peritale.
  5. Lineamenti di neurologia.
  6. Aspetti morfologici e strutturali del sistema nervoso centrale.
  7. Prolegomeni di radiodiagnostica per immagini e metodiche di imaging avanzato.
  8. Il rapporto tra neuroscienze ed infermità mentale.
  9. La volontà del reo tra dogmatica giuridica, neuropsicologia e funzioni cognitive.
  10. Le metodiche neuroscientifiche forensi ed i princìpi costituzionali di tutela della libertà morale individuale.
  11. Le tecniche manipolative invalse nell’ordinamento statunitense.
  12. La prova neuroscientifica tra dottrina e giurisprudenza.
  13. Considerazioni conclusive.

Bibliografia

Note legali

 

Per favore citate questo articolo nel seguente modo:

Spasari, T. “La consulenza tecnica neuroscientifica protesa tra Medicina Legale e BioDiritto”. Medicina e Scienze Umane, 2022, no. 1. https://www.medicinaescienzeumane.com/

oppure

Please cite this article as:

Spasari, T. The neuroscientific technical consultancy between Forensic Medicine and Bio-LawMedicina e Scienze Umane, 2022 (1). https://www.medicinaescienzeumane.com/

 

 

I principali referenti normativi applicabili alla fattispecie:

The applicable State law:

Artt. 13; 24; 27; 32 Cost.

Artt. 88; 89; 90 Cod. Pen.

Artt.188; 192, comma 1; 220; 224 bis; 359 bis; 533, comma 1; 546, comma 1, lett. e); 606, comma 1, lett. e) Cod. Proc. Pen.

 

Abstract.

 

Technical consultancy has become a topic of great importance and topicality. In fact, the continuous progress of medical technologies but above all the special operational combination that has been established between the medical sciences, neuroscience and bio-law make technical consultancy very important in the procedural field to reconstruct the reality and the actual state of health of people examined.

To be valid, scientific proof must be obtained on the basis of a scientific method, but a critical examination of the conclusions of the technical consultant is also always necessary. In fact, the application of the scientific law to the specific case will be carried out on the basis of the available evidence, but not based solely on the statistical coefficient. Technical advice and neuroscientific evidence in the criminal trial must detect the possible presence of the defendant’s mental defect.

A judgment is not based on one scientific theory or another or in having used innovative techniques to collect and process data, but is based on compliance with legal rules throughout the judicial process. It is always necessary to verify the reliability and logical credibility of the scientific law applied to the specific case.

 

Keywords:

Neuroscientific technical consultancy; Implicit Association Test a-IAT; Brain Fingerprinting; Neuroscience; Bio-Law.

 

Parole chiave:

Consulenza tecnica neuroscientifica; Neuroscienze; BioDiritto.

 

 

1.   Introduzione.

 

La consulenza tecnica è una tematica di grande importanza ed attualità che fornisce spunti di notevole rilevanza sia ai Medici che ai Giuristi. Infatti, il continuo progresso delle tecnologie mediche ma soprattutto la speciale sinergia che si è instaurata tra le scienze mediche, le neuroscienze ed il BioDiritto forniscono una peculiare chiave di lettura in ambito processuale, imprescindibile per ricostruire la realtà fattuale e l’effettivo stato di salute delle persone periziate.

Nondimeno, la prova scientifica deve essere tratta dalle evidenze disponibili interpretate secondo un metodo scientifico ma non scientistico in quanto, per non incorrere in un positivismo scientistico-giudiziario, è fondamentale effettuare sempre una disamina critica delle conclusioni del consulente tecnico soprattutto alla luce del ragionamento probatorio e del libero convincimento del Giudice.

Infatti, la Medicina contrariamente alla Biologia non è una scienza STEM ma una scienza umana e pragmatica, perciò ci sono settori contraddistinti da una maggiore verificabilità empirica basata su protocolli tecnici affidabili. Viceversa, in alcuni settori i modelli scientifici e nosografici sono più evanescenti e si prestano all’applicazione di divergenti criteri ermeneutici incardinati su teorie maggioritarie e minoritarie, anche contrastanti tra di loro. Cosicché, per effettuare ad es. la valutazione dei danni psichici è indispensabile avvalersi dell’apporto delle neuroscienze forensi e delle moderne tecnologie di neuroimaging, proprio perché in assenza di reperti diagnostici certi la valutazione del periziando sarebbe molto più incerta nell’an e nel quantum.

È opportuno, perciò, in ambito giuridico tracciare una netta linea di demarcazione tra le prove scientifiche – ottenute con tecnologie affidabili e largamente collaudate – e le risultanze pseudoscientifiche fornite dall’applicazione di metodologie controverse, prive di rigore logico o addirittura destituite di fondamento scientifico che vengono definite nel mondo anglosassone Junk Science[1] la c.d. “scienza spazzatura” assimilabile alle mistificazioni pseudo-scientifiche.

Innanzitutto va precisato che la Medicina fa parte tradizionalmente delle c.d. Scienze della Natura, però è ubicata in una posizione singolare in quanto è una scienza con uno statuto epistemologico non equiparabile a quello delle altre scienze naturali e sperimentali. Difatti, anche se la Medicina condivide, alla stregua di un’osmosi marginale, parte delle conoscenze di molteplici discipline come la fisica, la chimica, la biologia, la genetica, ecc., condividendone il rigore metodologico, tuttavia si differenzia sostanzialmente da queste ultime giacché presenta caratteri di unicità e di specialità in quanto si colloca in una peculiare dimensione antropologica ed etica, perciò è recalcitrante ad ogni tipologia di riduzionismo.

Per questi motivi la Medicina è una scienza umana[2] che ha per oggetto lo studio dell’uomo in una particolare dimensione costitutiva del suo essere, che mette in luce soprattutto gli aspetti fisiologici e fisiopatologici più rilevanti della donna e dell’uomo ricalcando quanto già espresso nell’aforisma di Boezio: homo mundus minor.

Questi aspetti erano già stati evidenziati da Galeno[3] che, nel De experientia medica, aveva ribadito l’importanza della pratica personale del Medico nonché la rilevanza dell’esperienza nell’ambito della Medicina, non solo quella osservativa ma soprattutto quella proveniente dalla memoria storica della τέχνη (téchne) cioè dell’arte medica. Difatti, la Medicina nell’antichità era inizialmente ritenuta solo un’arte “meccanica”, ma sarà proprio Galeno, precorrendo i tempi, a riorganizzare sistematicamente sotto il profilo epistemologico le scuole mediche presentandole con una veste razionale e specialistica attraverso lo studio dell’anatomo-fisiologia, ma anche definendo requisiti di tipo culturale ed ideologico della professione e promuovendo un approccio olistico, trasversale e multidisciplinare. Il progetto epistemologico d’impostazione galenica e proteso a rilanciare l’immagine di un Medico colto ed erudito che sapesse affiancare alle capacità terapeutiche anche una solida conoscenza, su basi razionali, dell’uomo e della natura perciò egli affermò che quod optimus medicus sit quoque philosophus ovverosia che il miglior medico è anche filosofo.

A maggior ragione, questi elementi si riverberano nella coeva temperie in cui ormai la Medicina traslazionale, di genere e di precisione valorizza i profili d’individualità e di diversità genetica, fenotipica ed epigenetica di ciascun essere umano soffermandosi su tutti quegli elementi che incidono, nel bene e nel male, sul suo stato di salute e quindi sul suo benessere psicofisico ma anche e soprattutto sulle sue patologie. Difatti, la Prof.ssa Stefania Basili[4] et al. hanno giustamente osservato che: «le strategie di prevenzione dovrebbero considerare che molti fattori di rischio sono di genere».

Pertanto, le terapie mediche vanno personalizzate ed adattate al paziente perché non sono elementi misurabili e sperimentabili sic et simpliciter mediante automatismi e sovrapposizioni di strumenti cognitivi e di varie nozioni, derivanti da presunte scienze esatte e neutrali.

Infatti, a questo riguardo il Prof. Carlo Casonato – che con le sue autorevoli riflessioni giuridiche è stato uno tra i primi a delineare gli evanescenti confini del BioDiritto[5] che si colloca al crocevia tra il Diritto, la Medicina e le Scienze della vita – ha sottolineato che: «i rimedi offerti dalla medicina, soprattutto nella sua pratica più avanzata e per le patologie più gravi, offrono risposte parziali, incerte e mutevoli; dipendenti da variabili di diversa natura, legate alla gravità della patologia o al profilo genetico del malato…»[6].

 

 

2.   L’evoluzione della prova scientifica tra verità empirica e criterio di falsificabilità.

 

Alla luce di quanto sopra prospettato, ai fini della consulenza tecnica come prova scientifica è quanto mai opportuno non considerare mai gli strumenti euristici scientifici alla stregua di verità metafisiche ed incontrovertibili, dato che sussisteranno sempre nella letteratura medica teorie contrastanti riguardo all’epistemologia scientifica.

In realtà a livello lessicale non esiste neanche un’accezione univoca del concetto di scienza, infatti il Feynman[7] ha osservato che alcuni ritengono la scienza un metodo sperimentale, altri intendono la scienza come un insieme di conoscenze ed altri collocano la scienza nell’ambito delle potenziali applicazioni delle conoscenze, sovente confondendola con la nozione di tecnologia. Questa tripartizione rispecchia per molti versi la divergenza di vedute che ha diviso la Comunità scientifica durante la pandemia da COVID-19 e che ha disorientato il grande pubblico poco informato sul modo di procedere della metodologia scientifica.

Tuttavia, l’incontrovertibilità della prova scientifica a prescindere dall’affidabilità del consulente tecnico e delle tecnologie da questo utilizzate per ricavarla in realtà scaturisce dal c.d. positivismo scientifico, che riteneva ogni singola legge scientifica dotata di un valore generale ed assoluto, dato che «in base alla filosofia positivistica la scienza era considerata illimitata, completa, infallibile»[8], ma un siffatto ordine concettuale non ha cittadinanza nel nostro ordinamento giuridico.

A ben vedere furono i filosofi neoempiristi a collegare la conoscenza scientifica all’esperienza diretta del Medico e quindi all’evidenza clinica, formulando, con un’impostazione solo parzialmente condivisibile, il criterio di verificabilità empirica diretta attraverso l’osservazione degli enunciati dotati di significato scientifico che, pertanto, venivano definiti c.d. enunciati significanti[9]. Però, fu Karl Popper[10] a criticare ab imis siffatta impostazione neoempirista confutando la mera verificabilità degli enunciati scientifici sulla scorta dell’evidenza osservazionale e sostenendo l’impossibilità di verificare le ipotesi universali poiché ciò richiederebbe l’osservazione di un numero infinito di casi, nonché ipotizzando il c.d. criterio di falsificabilità[11].

In altri termini Popper ha postulato il c.d. metodo falsificazionista, che prospetta una concezione della conoscenza scientifica come limitata, incompleta e fallibile soggiungendo che: «la scoperta di esempi che convalidano una teoria vale pochissimo se non abbiamo tentato, senza riuscirvi, di trovare gli esempi che la confutano»[12], sicché «la scienza è fallibile perché la scienza è umana: nella prospettiva logica, nessuna legge universale è certa, giacché, per quante conferme abbia ottenuto, i casi non ancora osservati sono infiniti e può accadere che il caso n+1 metta in ginocchio anche una teoria venerabile»[13].

 

3.  Le implicazioni della causalità scientifica nell’epistemologia giudiziaria.

 

Alla luce di quanto sopra prospettato la scienza medica è vincolata al periodo storico d’appartenenza, quindi non è costituita da assiomi ma da nozioni di c.d. “scienza normale”[14] che sono state inferite empiricamente dalla pratica clinica e dagli esiti della ricerca scientifica, ma che risultano verosimili in quanto testate mediante tentativi di falsificazione da parte della Comunità scientifica sebbene mantengano comunque un carattere di provvisorietà[15]. Perciò, non sono conoscenze definitivamente verificate ma sono sempre suscettibili di modificazioni innovative e di adattamenti determinati dai progressi futuri.

Pertanto, la prova scientifica in ambito processuale deve essere collocata nella giusta prospettiva contestualizzandola alla luce delle conoscenze e degli orientamenti invalsi nella Comunità scientifica coeva al pronunciamento della sentenza[16], sicché in tal caso è valida ed affidabile poiché il Giudice potrà utilizzare la prova scientifica succitata per ricostruire il fatto storico ed addivenire alla c.d. verità giudiziale[17].

Nel nostro ordinamento il criterio d’imputazione della responsabilità soggettiva dell’agente per un evento dannoso implica l’accertamento della sussistenza del nesso di causalità tra la condotta e l’evento medesimo, che deve essere effettuato non solo sulla scorta di criteri giuridici ma sovente anche di leggi scientifiche.

Difatti, l’accertamento del nesso eziologico tra condotta ed evento è indispensabile per l’attribuzione della responsabilità civile e penale al reo alla luce del modello di causalità delineato dagli artt. 40 e 41 Cod. pen. Tuttavia, in ambito giuridico si fa ricorso ad un procedimento logico di eliminazione mentale compendiato nella regola della condicio sine qua non anche attraverso il c.d. giudizio controfattuale[18], che può estendersi anche alle condotte omissive. A questo riguardo, il Prof. Mario Spasari ha precisato che: «anche in tema di omissione, al fine di ricondurre a questa un evento come conseguenza, occorre stabilire che il comportamento negativo (attività od inerzia) che ne costituisce il dato contenutistico opera effettivamente come condizione non impeditiva di quello, ossia che il comportamento predetto non può essere mentalmente soppresso (e sostituito da quello doveroso) senza che il risultato penalmente rilevante venga a mancare»[19].

Nondimeno, in alcune particolari materie come nel caso della responsabilità medica è necessario integrare questo modello condizionalistico con il c.d. modello nomologico-deduttivo[20] cioè applicando un criterio di sussunzione in base alle leggi scientifiche di copertura[21], che però risultano spesso difficili da individuare.

In questo ambito di operatività si colloca la consulenza tecnica medico-legale che dovrebbe essere svolta anche alla luce di un sapere plurispecialistico ed attraverso un percorso logico-deduttivo condotto in una prospettiva dialettica medico-giuridica, che consenta una duplice lettura da parte di un consulente tecnico che possieda entrambe le conoscenze medico-scientifiche e giuridiche, dato che questo consentirebbe un ottimale allineamento del linguaggio e delle competenze in un unico esperto.

In effetti, in Medicina esistono i rapporti di linearità cioè la correlazione tra due fenomeni, perciò ad esempio quando si dice che la massa muscolare e la massa grassa sono inversamente proporzionali vuol dire che quando aumenta una scende l’altra. Perciò, il rapporto di causalità si può in tal modo ricavare dall’astrattezza della legge di copertura scientifica. Ciononostante, questo modello concettuale ha suscitato contrasti in seno alla giurisprudenza di legittimità a causa della diversa percentuale di validità statistica delle leggi di copertura medesime, poiché si creavano incertezze nel processo epistemologico in relazione all’accertamento del nesso di causalità che costituisce un elemento oggettivo del reato. Infatti, alcune pronunce ritenevano sufficiente per condannare l’imputato che ci fossero serie ed apprezzabili probabilità statistiche altre ritenevano necessaria la certezza. Sicché, le Sezioni Unite penali della Suprema Corte per dirimere il contrasto giurisprudenziale hanno stabilito[22] nel 2002 che in ambito penale la responsabilità del reo dovrà essere provata al di la di ogni ragionevole dubbio e non per approssimazione statistica.

Ne discende che l’applicazione della legge scientifica al caso concreto andrà effettuata alla luce delle evidenze probatorie disponibili in un determinato processo ed escludendo possibili decorsi causali alternativi, ma non basandosi solo sulla percentuale astratta del coefficiente statistico.

Ma va altresì precisato che, come ho avuto già modo di sottolineare aliunde: «le modalità di accertamento del rapporto eziologico tra l’accadimento offensivo ed il danno sono notevolmente differenti a seconda che ci si trovi in campo civile oppure penale, giacché… in sede penale – vigendo la presunzione d’innocenza compendiata nel brocardo in dubio pro reo – deve essere superato ogni ragionevole dubbio, di conseguenza vi è un maggiore rigore nell’acclarare l’effettiva sussistenza della colpevolezza»[23].

In questo modo le Sezioni Unite hanno riportato la prova del nesso eziologico all’interno dell’epistemologia giudiziaria, inserendo la prova scientifica nelle logiche dell’accertamento processuale[24].

Pertanto, il contraddittorio tecnico che si instaura tra i Consulenti delle parti ripropone nel processo il procedimento di falsificazione delle teorie scientifiche che si verifica nella Comunità scientifica.

 

4.  L’utilizzo dei modelli diagnostici neuroscientifici nel contesto della valutazione peritale.

 

Il termine neuroscienze (neuroscience) è un neologismo coniato nel 1972 da uno scienziato americano Francis O. Schmitt[25] per denominare il suo gruppo di ricerca, ma che in seguito ha delineato quella materia multidisciplinare collocata all’incrocio tra competenze scientifiche diverse che si riunivano in un percorso di ricerca comune per studiare il cervello ed il sistema nervoso.

Negli ultimi anni lo sviluppo delle tecniche di neuroimaging ed in genere le nuove tecnologie in ambito diagnostico hanno supportato un significativo sviluppo delle neuroscienze, riverberandosi in particolar modo nel campo delle consulenze tecniche soprattutto in materia penale volte ad acclarare l’imputabilità ex art. 85 e ss. c.p., della pericolosità sociale ex art. 203 c.p., della capacità di stare in giudizio ex art. 70 c.p.p. e soprattutto dell’idoneità a testimoniare ex art. 196 c.p.p.[26]

Quest’ultimo caso assume uno speciale rilievo anche al fine di stabilire come eventuali malattie neurologiche e neurodegenerative, demenze, ecc. possano inficiare la capacità di ricordare ed in ultima analisi l’attendibilità del testimone anche mediante le c.d. tecniche di memory detection. Noi possediamo 100 miliardi di neuroni, perciò l’importanza cruciale delle neuroscienze è strettamente correlata alla disamina strutturale e funzionale delle varie aree del cervello e della sua neuroplasticità. Però, l’ambito di operatività si estende ben oltre coinvolgendo anche le sinapsi del sistema nervoso che rendono possibile la comunicazione intraemisferica ed interemisferica, nonché tutti quegli elementi molecolari, biochimici e genetici che possono incidere sulla salute delle cellule nervose alterando le facoltà mentali e gli aspetti comportamentali della persona umana.

È evidente che le neuroscienze hanno forti correlazioni con la neuropsichiatria, la psicologia ed il diritto, infatti autorevole dottrina ha condivisibilmente osservato che: «l’essere umano nella sua dimensione corporea è luogo privilegiato d’incontro degli sviluppi tecnico-scientifici e dell’evoluzione degli ordinamenti giuridici». Pertanto, è più corretto affermare che: «la “disciplina” diritto, scienza, nuove tecnologie indichi piuttosto un campo di connessioni controllate tra nuclei concettuali propri del diritto e di altre discipline. È la visione del diritto come network o landscape, costituito da un insieme di nodi ognuno dei quali capace di stabilire, sulla base della propria natura intrinseca e attitudine, relazioni con altri nodi»[27].

Tuttavia, le neuroscienze si articolano in vari livelli molecolari, cellulari, cognitivi e comportamentali che attengono a differenti categorie e campi di ricerca sul sistema nervoso. Però, sono le neuroscienze forensi quelle che rivestono il maggiore interesse ai fini della prova scientifica nel contesto giudiziario[28], poiché studiano la correlazione tra i sintomi psicopatologici e l’alterata attività cerebrale. In Medicina Legale sussiste da molto tempo un particolare interesse per la neuropsicopatologia forense e per la sua correlazione anatomo-funzionale con le lesioni cerebrali rilevate tramite le osservazioni autoptiche, ma recentemente ci si è soffermati anche sulle dinamiche cerebrali patologiche connesse alle potenziali manifestazioni cliniche delle malattie mentali[29].

 

 

 

5.  Lineamenti di neurologia.

 

Giova soffermarsi su alcuni aspetti anatomo-funzionali del sistema nervoso centrale umano che è la sede dell’acquisizione, della raccolta, dell’elaborazione, dell’integrazione e della trasmissione delle informazioni, è denominato anche asse cerebrospinale (nevrasse, neuroasse o tubo neurale) ed è costituito da sette parti principali: il midollo spinale, il bulbo, il ponte, il cervelletto, il mesencefalo, il diencefalo e gli emisferi cerebrali. Il principale componente del nevrasse è l’encefalo (il cervello) che è protetto all’interno della scatola cranica nonché rivestito e nutrito dalle meningi, che sono tre ed andando dall’esterno verso l’interno, sono denominate dura madre (detta anche pachimeninge), aracnoide e pia madre (denominate congiuntamente leptomeninge). Orbene, le meningi insieme al liquor cerebrospinale, esplicano una funzione protettrice e di nutrizione dell’asse cerebrospinale, che dispone di una propria vascolarizzazione, altresì entrambe congiuntamente costituiscono la c.d. barriera emato-liquorale che impedisce ad alcune sostanze presenti nel sangue di passare nel liquor e viceversa.

Invece, il sistema nervoso periferico è composto dai nervi encefalospinali ovverosia dai nervi cranici e dai nervi spinali nonché dai rispettivi gangli. Il sistema nervoso periferico viene ripartito in volontario o somatico e involontario o vegetativo detto anche autonomo.

Stante il tenore di questa trattazione attinente alle neuroscienze forensi noi ci soffermeremo principalmente sugli aspetti concernenti gli emisferi cerebrali che sono implicati nelle funzioni percettive, motorie e cognitive, tra cui assumono grande rilevanza la memoria e le emozioni.

La caratteristica che rende il cervello degli esseri umani superiore a quello di ogni altro essere vivente è ravvisabile in numerosi elementi tra cui la maggiore dimensione (è tre volte più grande di quello degli scimpanzé), l’elevatissimo numero di neuroni ma soprattutto la speciale corteccia cerebrale, il cui sviluppo è regolato da specifici geni tra i quali ARHGAP11B[30], che come un ampio mantello crea delle circonvoluzioni e dei ripiegamenti profondi avvolgendosi in svariate pieghe che si insinuano in molteplici solchi (gli avvallamenti) e giri (le parti sporgenti). In questo modo viene amplificata significativamente la superficie determinando un marcato incremento del numero di aree corticali, che contengono un maggior numero di neuroni raggruppati all’interno di uno spazio ristretto e che ha permesso lo sviluppo di capacità cognitive complesse ed elevate, come il ragionamento e il linguaggio, la percezione, l’attenzione, il controllo motorio, la cognizione, la memoria e l’apprendimento.

Alcuni recenti studi scientifici[31] hanno comprovato che la straordinaria capacità di elaborazione e di astrazione logica dell’encefalo umano deriva anche dalla maggiore espressione di alcuni geni tra cui TH e DDC, che codificano per le funzioni cognitive superiori nella neocorteccia e sono coinvolti nella produzione di dopamina, un neurotrasmettitore fondamentale per le capacità mentali superiori, come la memoria di lavoro, il ragionamento, il comportamento esplorativo e l’intelligenza complessiva e che invece risulta alterata negli individui colpiti dalla malattia di Parkinson.

Peraltro, un recentissimo studio[32] del Prof. Johan Jakobsson dell’Università di Lund in Svezia ha identificato l’importante gene ZNF558 che svolge un ruolo nell’omeostasi mitocondriale e nello sviluppo del cervello umano, il neuroscienziato lo ha trovato in una parte precedentemente trascurata del nostro DNA, il cosiddetto DNA non codificato, invece questo gene non è espresso negli animali.

Le principali cellule nervose sono i neuroni e le cellule gliali. Tuttavia, i neuroni sono cellule specializzate nella raccolta e nella conduzione degli impulsi nervosi e costituiscono l’unità morfologica e funzionale del sistema nervoso. Essi presentano un corpo cellulare denominato pirenoforo ed hanno due differenti tipologie di prolungamenti, la prima è costituita dai dendriti, che trasportano lo stimolo nervoso in senso centripeto ovvero dalla periferia della cellula al pirenoforo. Invece, il secondo tipo di prolungamento è ravvisabile nell’assone (un filamento allungato detto anche neurite o cilindrasse), che convoglia lo stimolo nervoso verso altri neuroni – anche molto distanti – ai quali effettuando svariate biforcazioni e ramificazioni terminali è interconnesso tramite giunzioni specializzate (in media da 1000 a 10000) denominate sinapsi che trasmettono l’impulso nervoso attraverso il c.d. “potenziale d’azione”, ovverosia delle trasformazioni chimiche che creano un’attività elettrica complessa.

Tuttavia, l’impulso nervoso per superare lo spazio intersinaptico (detto anche fessura intersinaptica) cioè lo spazio fisico interposto tra le terminazioni sinaptiche di due neuroni diversi deve avvalersi dei mediatori chimici. Si tratta di alcune sostanze definite neurotrasmettitori, liberate per esocitosi dalle vescicole sinaptiche e che agiscono sulla membrana del dendrite, tra cui sono annoverate l’acetilcolina, la serotonina, la noradrenalina, la dopamina, ecc. che a seconda della situazione possono svolgere funzioni eccitatorie o inibitorie.

Peraltro, l’evoluzione delle neuroscienze ha consentito l’identificazione di altri biomarcatori riscontrati dopo traumi a carico delle strutture anatomiche cerebrali, dato che la presenza di lesioni assonali diffuse può essere causa di grave morbilità e disabilità. Infatti, il Prof. Vittorio Fineschi[33] e la Prof.ssa Paola Frati et al. hanno precisato che «le scoperte moderne riguardanti il ruolo delle specie reattive dell’ossigeno (ROS) e lo stress ossidativo nella DAI suggeriscono che biomarcatori come GFAP, pNF-H, NF-L, proteina tau associata ai microtubuli, Aβ42, S-100β, NSE, AQP4, Drp-1 e NCX rappresentano un possibile obiettivo critico per i futuri trattamenti».

 

 

6. Aspetti morfologici e strutturali del sistema nervoso centrale.

 

Ma va precisato che gli emisferi cerebrali svolgono un ruolo fondamentale nelle funzioni percettive, motorie e cognitive, sebbene siano i nuclei della base ad essere coinvolti nelle prestazioni motorie. Viceversa, l’ippocampo è implicato soprattutto nello sviluppo della memoria e nell’orientamento spaziale, mentre l’amigdala svolge importanti funzioni nella manifestazione delle emozioni e nel comportamento sociale, ma entrambi fanno parte del c.d. sistema limbico, che è un insieme funzionale di alcune aree del cervello che controllano gli impulsi ed i comportamenti emotivi.

La corteccia cerebrale è ripartita in quattro lobi anatomicamente distinti e la cui denominazione scaturisce dalle ossa craniche sovrastanti:

  1. il lobo frontale, che si suddivide nella corteccia prefrontale e nella corteccia motoria correlate rispettivamente alla pianificazione delle azioni ed al controllo del movimento;
  2. il lobo parietale, che è associato alle sensazioni somatiche;
  3. il lobo temporale, che collegato all’udito, all’apprendimento, alla memoria ed al comportamento emotivo;
  4. il lobo occipitale, che è connesso con la visione.

Infine, va precisato che in anatomia si osserva la c.d. “decussazione delle fibre nervose” (così denominata dal latino decussare cioè incrociare a forma di una X) ovverosia l’incrocio dei fasci nervosi provenienti da ciascun emisfero, che si scambiano parzialmente o totalmente le loro fibre passando da una metà all’altra del sistema nervoso centrale. In questo modo le fibre nervose di destra si portano a sinistra e viceversa, ma questo vale anche per i processi sensitivi e le informazioni in entrata nella corteccia cerebrale. Cosicché, i processi sensitivi e motori sono regolati dall’emisfero situato nella parte controlaterale (opposta) del corpo, l’esempio paradigmatico è la c.d. decussazione motoria (detta anche decussazione delle piramidi) ravvisabile nell’incrocio delle fibre motrici del sistema piramidale che si verifica nel midollo allungato, perciò i movimenti della metà destra del corpo sono controllati dall’emisfero sinistro e viceversa.

Alla luce di quanto sopra prospettato è stata elaborata la c.d. “teoria associazionista”[34] in base alla quale il sistema nervoso centrale funziona piuttosto come un network, formando delle complesse reti neurali all’interno delle quali le funzioni cognitive e cerebrali superiori si creerebbero con l’integrazione anche intermodale di informazioni, con la coordinazione delle attività provenienti da molteplici strutture corticali e dalle diverse aree associative che risiedono in entrambi gli emisferi del cervello.

Difatti, a questo riguardo il Prof. Johnjoe McFadden dell’Università del Surrey in un recente studio[35] ha ipotizzato la c.d. “teoria dei campi dell’informazione elettromagnetica cosciente” (conscious electromagnetic information (cemi) field theory), in base alla quale il campo elettromagnetico del cervello sarebbe il substrato fisico della coscienza. In altri termini, secondo il neuroscienziato la coscienza si formerebbe attraverso il campo elettromagnetico autogenerato dal cervello tramite l’interconnessione delle reti neurali e delle aree associative.

Pertanto, il pensiero, la percezione, la memoria, il linguaggio ed il movimento sarebbero l’effetto delle svariate operazioni analitiche effettuate tramite l’attivazione di diverse aree associative polimodali cerebrali, interconnesse in serie ed in parallelo a livello sia intraemisferico sia interemisferico, nonché mediante l’interazione di epicentri e di nodi fondamentali della rete collegati tra loro. Infatti, il substrato anatomico delle funzioni superiori e quindi anche dell’intelligenza sarebbe ravvisabile nelle aree associative polimodali e specialmente nella coordinazione delle associazioni fra la corteccia parietale e la corteccia prefrontale.

Ne consegue che tra le funzioni cerebrali superiori rientrano le c.d. funzioni esecutive del comportamento, che sono attività complesse localizzate nell’area associativa anteriore della corteccia prefrontale, che gestisce la capacità di ragionamento, di pensiero astratto, di pianificazione di una strategia di azione che conduca allo scopo prefissato, di risoluzione dei problemi, la capacità di cambiare strategia al momento opportuno, il monitoraggio delle prestazioni, la memoria, il linguaggio, ma anche la percezione e l’azione e la valutazione delle conseguenze delle proprie e delle altrui azioni.

Peraltro, il Prof. Andrea Lenzi[36] et al. hanno sottolineato che pure: «l’orologio circadiano centrale è costituito da un ciclo di feedback negativo trascrizione-traduzione, ed è sincronizzato con cicli luce-buio in virtù dell’input di luce dalla retina, all’orologio centrale nel nucleo soprachiasmatico nell’ipotalamo. Tutte le cellule del corpo hanno oscillatori circadiani che sono trascinati nell’orologio centrale da segnali neurali e umorali».

Perciò, va conclusivamente precisato che ciascuna area associativa cerebrale assomiglierebbe quindi ad un’unità elementare di analisi, sicché una lesione arrecata ad una regione cerebrale può sopprimere una funzione cognitiva solo se è molto grave, altrimenti la riduzione della funzione compromessa può essere successivamente compensata dal potenziamento delle reti neurali ancora funzionanti dislocate in altre parti dell’encefalo.

 

7. Prolegomeni di radiodiagnostica per immagini e metodiche di imaging avanzato.

 

Va sottolineato che già Claudio Galeno, illustre medico dell’antica Roma, aveva studiato il sistema nervoso ed aveva misconosciuto l’ipotesi “cardiocentrica” di matrice aristotelica assai diffusa nella temperie culturale coeva – cioè l’idea che pensiero, mente e anima fossero localizzati nel cuore – ma viceversa aveva ipotizzato l’ubicazione della mente nel cervello, tra l’altro correlando alcune disfunzioni mentali con pregressi danni cerebrali.

Difatti, fu proprio Galeno da Pergamo che in una delle sue molteplici opere intitolata: Quod animi mores corporis temperamenta sequantur, vale a dire che “Le passioni (rectius: le facoltà) dell’anima seguono il temperamento dei corpi”, formula una metodologia epistemologica che dall’Ottocento fino ai giorni nostri è stata denominata organicismo, sicché questa impostazione concettuale afferma teoricamente e scientificamente che le facoltà “mentali” siano strettamente correlate all’effettivo funzionamento del substrato organico da cui scaturiscono.

A fortiori, Galeno precorre i tempi dato che anche le moderne neuroscienze considerano la psiche ed il cervello fortemente interconnessi tra loro, in quanto i fenomeni mentali sono strettamente e direttamente collegati a specifiche aree cerebrali associative[37]. Tuttavia, questa straordinaria intuizione che è valida anche nelle patologie cerebrovascolari non era dimostrabile prima dell’avvento della recente tecnologia radiodiagnostica, che ha consentito l’acquisizione di immagini cerebrali in alta definizione.

Peraltro, lo sviluppo delle tecniche neuroradiodiagnostiche, scarsamente invasive pur necessitando spesso del tracciante o di un mezzo di contrasto, ha consentito tramite la tomografia ad emissioni di positroni (PET) e la risonanza magnetica cerebrale l’applicazione delle metodologie anatomo-cliniche sul vivente. In questo modo, è diventato possibile analizzare dettagliatamente specifiche regioni cerebrali alla ricerca di alterazioni morfologiche e strutturali, ma anche alla ricerca di neuropatie, neoplasie, ictus, emorragie, ischemie nonché di segni di sindromi psichiatriche quali schizofrenia, autismo, ecc.

Per certi versi possono essere d’ulteriore ausilio diagnostico, ma in forma minore, anche l’elettroencefalogramma (EEG), la registrazione dei Potenziali evento-correlati (ERP) e la Magneto-encefalografia (MEG).

Tuttavia, le principali tecniche di diagnostica per immagini attualmente in uso sono la tomografia assiale computerizzata (TAC), la tomografia ad emissione di positroni (PET) e la risonanza magnetica nucleare (RMN)[38]. La TAC è sostanzialmente un’evoluzione delle precedenti strumentazioni radiografiche bidimensionali a raggi X, il termine “tomografia” è un grecismo che trae la sua etimologia da τόμος (tòmos) che significa “sezione”, infatti consente di creare scansioni tridimensionali di sezioni degli organi in alta risoluzione che poi vengono elaborate dall’algoritmo di un computer che crea una ricostruzione digitale per poterne studiare le eventuali variazioni fisiopatologiche, dato che in medicina quasi sempre l’alterata forma organica corrisponde anche ad un’alterata funzione.

Invece, la PET e la risonanza magnetica funzionale (fMRI) permettono l’acquisizione di immagini funzionali dell’encefalo, però la prima utilizza un sistema simile alla TAC e prevede l’utilizzo di un radiofarmaco blandamente radioattivo (in genere glucosio radiomarcato) che viene iniettato per via endovenosa facendo da tracciante. Viceversa, la risonanza magnetica è molto meno invasiva perché non utilizza radiazioni ionizzanti, però entrambe rilevano l’incremento di flusso ematico nelle arterie cerebrali necessario per supportare il maggiore apporto di ossigeno e di glucosio richiesti dai neuroni attivi, sicché in questa maniera è possibile rilevare il diverso funzionamento delle aree cerebrali coinvolte.

La risonanza magnetica strutturale (RM) si fonda sul principio che i nuclei degli atomi di idrogeno mutano il loro orientamento, allineandosi come l’ago di una bussola se sollecitati da un forte campo magnetico, perciò un sofisticato scanner utilizza un potente magnete per rilevare le risonanze determinate dallo spostamento e dal successivo riallineamento dei protoni. In seguito, un computer utilizzando un sofisticato algoritmo rielabora i dati raccolti e genera immagini morfologiche e strutturali dell’organo o dell’apparato esaminati, che però non sono idonee a rilevare il funzionamento effettivo delle aree del cervello.

Per questo motivo, invece, si usa la risonanza magnetica funzionale (fMRI), che misura la quantità di ossiemoglobina, cioè la forma ossigenata dell’emoglobina presente all’interno del sangue, che è caratterizzata da proprietà biochimiche differenti dalla deossiemoglobina, cioè l’emoglobina che ha già ceduto l’ossigeno ai tessuti cerebrali. Perciò, la misurazione dell’attivazione funzionale dei neuroni nelle diverse aree del cervello viene effettuata in linea di principio su presupposti simili a quelli della PET ovverosia calcolando il diverso coefficiente di correlazione (il rapporto di proporzionalità) tra ossiemoglobina e deossiemoglobina, infatti i neuroni attivi consumano più ossigeno[39].

 

8. Il rapporto tra neuroscienze ed infermità mentale.

 

La consulenza tecnica e la prova neuroscientifica nel processo penale sono volte a rilevare l’eventuale presenza del vizio di mente acclarando o escludendo l’imputabilità del reo, che nella struttura del reato costituisce il presupposto indispensabile della colpevolezza[40].

Ciononostante, è importante che il consulente tecnico riesca a fornire risposte attendibili ed empiricamente fondate, trovando un punto di equilibrio tra i criteri scientifici e nosografici della psichiatria (c.d. indirizzo medico) e le norme giuridiche sull’infermità mentale di cui all’art. 88 c.p. (c.d. indirizzo giuridico). Ne consegue che il criterio medico di classificazione delle malattie mentali dovrà essere contemperato col c.d. significato di malattia, che inerisce solo agli aspetti penalmente rilevanti dell’infermità predetta. Vale a dire, che per ipotizzare l’infermità mentale[41] di un individuo dovrebbero innanzitutto sussistere delle malattie mentali con una causa organica rilevabile oggettivamente. Pertanto, dovrebbe sussistere un substrato organico oppure biologico ascrivibile in uno dei criteri nosografici riconosciuti univocamente dalla letteratura scientifica internazionale riconducibile alla psichiatria forense o alla psicologia giuridica. Inoltre, è sempre necessario acclarare l’effettiva incidenza di una specifica infermità psichica sulla capacità di intendere e di volere del reo.

La vexata quaestio dei criteri applicabili ai fini dell’accertamento dell’infermità psichica ha suscitato in passato vari contrasti giurisprudenziali, sicché le Sezioni unite penali della Cassazione[42] nella pronuncia n. 9163/2005 hanno osservato in riferimento al concetto di infermità mentale che ha un significato più ampio rispetto alla nozione di malattia mentale. Però, affinché siano applicabili gli artt. 88 c.p.[43] e 89 c.p.[44] anche ai gravi disturbi della personalità[45], come le nevrosi o le psicopatie, il giudice dovrà accertarne la consistenza, l’intensità, la rilevanza e la gravità nonché se incidono concretamente sulla capacità di intendere e di volere.

Inoltre, nella medesima pronuncia il Supremo Collegio ha dato un contenuto giuridico alla nozione di significato di malattia, sottolineando che è anche necessario acclarare la sussistenza di un rapporto di causalità con il fatto di reato perpetrato dal reo, che deve risultare causalmente determinato dal disturbo mentale.

Il nuovo orientamento giurisprudenziale[46] invalso nella Corte Suprema ha parzialmente superato il c.d. “paradigma organicistico” che circoscriveva l’accezione di “infermità” di cui all’art. 88 c.p. alla malattia nosograficamente inquadrata, ampliando l’area della non imputabilità ai gravi disturbi della personalità[47]. In questo modo, i giudici di legittimità hanno recepito il più recente “paradigma integrato”, che identifica un’origine multifattoriale di tipo bio-psico-sociale dei disturbi psichici, purché il disturbo della personalità influisca concretamente sul motivo e la decisione che conducono alla commissione del reato.

Tuttavia, gli studi funzionali sull’encefalo, effettuati con tecniche radiodiagnostiche e di neuroimaging, per porre in relazione lesioni cerebrali conclamate con il discontrollo degli impulsi e dell’aggressività ed alcuni comportamenti anomali, hanno riacceso la polemica filosofica tra i fautori del libero arbitrio ed i deterministi[48]. Sebbene, vada precisato che non si possono fare generalizzazioni e analogie al riguardo, ma che ogni caso debba essere accuratamente vagliato. Infatti, le psicopatie possono essere presenti in alcuni criminali ma sono caratterizzate prevalentemente da un deficit circoscritto alla sfera dell’affettività, però rimane integra la capacità d’intendere e di volere nonché di autodeterminarsi. Quindi l’individuo mantiene intatta la consapevolezza e la capacità di ideazione ed anche quella di pianificare liberamente le proprie azioni. Perciò, in questi casi difronte a potenziali pretestazioni d’infermità mentale, oltre agli accertamenti diagnostici è opportuno somministrare un particolare test denominato Psychopathy Checklist-Revised (PCL-R) anche per effettuare la valutazione del rischio di recidiva e di pericolosità sociale del periziando.

 

 

 

9. La volontà del reo tra dogmatica giuridica, neuropsicologia e funzioni cognitive.

 

Un’ulteriore problematica da affrontare è la componente psicologica della volontà del reo e l’impatto delle dinamiche cerebrali disfunzionali sugli aspetti volitivi di quest’ultimo. Infatti, nella perenne diatriba tra fautori e detrattori del libero arbitrio vengono coinvolte anche le neuroscienze, sebbene il modello determinista sia stato misconosciuto dall’orientamento maggioritario della letteratura neuroscientifica. Pertanto, le condotte umane non sarebbero determinate automaticamente dall’inconscio, ma è opinione comune dei neuroscienziati che sussista comunque una libertà morale condizionata[49], dato che il comportamento cosciente precede sempre di un esiguo intervallo temporale il compimento dell’azione antigiuridica. Vale a dire che l’individuo potrebbe esercitare il c.d. “libero veto”[50] per controllare e bloccare certi impulsi deterministicamente generati. Difatti, il cervello è strutturato in modo olistico quindi la somma dell’attività delle aree associative riesce a compensare, in parte, il deficit funzionale di alcune di esse. Perciò, le funzioni esecutive ovvero le facoltà cognitive e mentali superiori non possono essere mai completamente ridotte ad un semplice riflesso subalterno a pulsioni deterministiche.

Infatti, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto talvolta incompatibile la premeditazione con il vizio di mente[51], dato che le malattie mentali alterano le capacità rappresentative e volitive dell’individuo. Ma perché questo possa avere un rilievo in sede processuale è necessario un collegamento eziologico tra il disturbo psicopatologico ed il reato perpetrato, nonché uno sviluppo psichico anomalo giacché in questo caso il vizio parziale di mente e la premeditazione sono solitamente incompatibili.

Giova precisare che il nostro Codice penale è incardinato su una concezione razionalistica e normativa dell’individuo, pertanto la previsione codificata nell’art. 90 c.p.[52] preclude la valutazione degli stati emotivi e passionali ai fini del giudizio di imputabilità salvo che non determinino un vero e proprio squilibrio psichico[53].

Infatti, questa scelta del legislatore penale è frutto sia di caratteristiche tradizionali e connotative dell’ordinamento ma anche di motivazioni più specifiche, in quanto i disturbi dell’umore non vengono considerati come vere e proprie infermità o patologie psichiche, bensì vengono considerati difetti del carattere morale individuale[54]. Nondimeno, alcuni studi neuroscientifici – effettuati mediante la risonanza magnetica – hanno evidenziato che la corteccia prefrontale influisce sia sulle funzioni esecutive sia sul controllo delle emozioni[55], dimostrando pertanto il ruolo primario delle emozioni nei processi decisionali e cognitivi. Difatti, nel cervello umano il comportamento emotivo è controllato dal sistema limbico[56] che è costituito dalla corteccia orbitofrontale, dall’ippocampo, dall’amigdala e dall’ipotalamo.

Indubbiamente, pure nella persona sana di mente, la componente emotiva non è nettamente disgiunta dalla mente razionale ma influisce anche sulla formazione della volontà, persino su quella di perpetrare un delitto ed a seconda della struttura della personalità dell’individuo può portare a due risultati diametralmente opposti. Ne discende, che per un verso la componente emotiva potrebbe sostenere la premeditazione incentivando l’agente ad analizzare le vulnerabilità della vittima per colpirla in modo più efficace o viceversa a farlo desistere dal commettere il delitto.

Va precisato che il cervello umano non è un insieme di compartimenti stagni, ma è caratterizzato da molteplici interazioni neurali tra le aree associative che regolano le funzioni cognitive ed il sistema limbico, perciò nel procedimento di formazione della volontà c’è una continua osmosi neurale di tipo bidirezionale tra la mente razionale e la componente emotiva, come si evince dalle scansioni cerebrali e dalla risonanza magnetica che hanno identificato circuiti cerebrali interconnessi tra la corteccia prefrontale e le sotto aree corticali dove sono ubicati i neuroni specchio.

La funzione dei neuroni specchio è principalmente la capacità di attivarsi in base al comportamento altrui per comprenderne il significato[57], ma spesso a seconda della diversa suscettibilità interindividuale consente anche di percepire le altrui emozioni come se l’osservatore fosse lui stesso a viverle in prima persona[58]. In realtà, i neuroni specchio sarebbero coinvolti anche nell’immaginazione di un’azione che assomiglia a porre in essere concretamente quel comportamento oppure a proiettare mentalmente le visioni extracorporali, infatti ad esempio il tempo impiegato ad immaginare di alzare la mano per afferrare il telecomando della TV è più o meno lo stesso che ci vuole per decidere di farlo veramente[59].

Alla luce di quanto sopra prospettato, parte della letteratura scientifica ha elaborato la c.d. «teoria della mente»[60], che sfrutterebbe i neuroni specchio e la giunzione parieto-temporale[61] per immaginare gli altrui pensieri oppure per prevederne ed interpretarne i comportamenti.

 

10. Le metodiche neuroscientifiche forensi ed i princìpi costituzionali di tutela della libertà morale individuale.

 

La dottrina si è soffermata molte volte sulla tematica del complesso rapporto tra le neuroscienze forensi ed i diritti fondamentali della persona, con particolare riguardo alla vexata quaestio della tutela costituzionale della libertà morale del periziando, definita dal Prof. Vassalli come il diritto «a non dover subire illecite intrusioni altrui nella propria sfera psichica, sia per quanto attiene alla integrità di questa, sia per quanto attiene alla formazione della volontà» [62]. In altri termini, la libertà morale coinciderebbe con la «libertà interiore» mentre la libertà personale consisterebbe nella «libertà esterna».

Pertanto, la lesione delle altre libertà può riverberarsi sulla libertà morale medesima ravvisabile anche nella facoltà di ciascuno di autodeterminarsi liberamente a prescindere dagli stimoli esterni a cui è stato sottoposto[63].

Ne consegue che la libertà morale sarebbe la «libertà di conservare la propria personalità psichica, la libertà di ragionare con la propria testa […] la libertà di non vedere né ingannata né coartata la propria coscienza, il diritto a non vedersi ingiustamente imposto un determinato contegno, neanche passivo od inerte, il diritto infine […] a formare con motivi propri le proprie determinazioni»[64].

A questo riguardo, autorevole dottrina[65] ha sottolineato come nella nostra Carta costituzionale, anche se non è reperibile un espresso riferimento codificato in una clausola di protezione della libertà della psiche, questa rientrerebbe nella libertà morale che è comunque riconosciuta e tutelata tra i diritti della personalità dato che la libertà personale assorbirebbe in sé anche quella morale[66]. Perciò, in questo caso i riferimenti normativi di rango costituzionale applicabili alla fattispecie sarebbero l’art. 13, comma 2, Cost.[67], nonché l’inviolabilità del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost.[68] ed anche la presunzione di innocenza dell’imputato sancita dall’art. 27 Cost.[69] Inoltre, la libertà morale della persona è tutelata anche nell’ambito del diritto internazionale dall’art. 3 C.e.d.u. che pone il divieto di sottoporre chiunque a torture oppure a trattamenti inumani o degradanti. Peraltro, è anche vietato expressis verbis dall’art. 7 del Patto internazionale sui diritti civili e politici di sottoporre coattivamente un individuo ad esperimenti medici oppure scientifici[70].

Peraltro, il principale referente normativo inerente alla libertà morale della persona nell’assunzione della prova è l’art. 188 del Codice di procedura penale, che stabilisce: «Non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interessata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti».

Il prevalente orientamento dottrinale ha interpretato la norma de qua nel senso che – pur non enumerando un elenco di mezzi introspettivi vietati – preclude tassativamente l’utilizzo di qualsivoglia espediente o strumento artificiale, ma anche qualunque condotta degli inquirenti, che sia diretto a distorcere le capacità mnemoniche e cognitive della persona interessata, nonché finalizzato a sortire una condotta differente da quella che la stessa persona avrebbe posto in essere qualora la sua libertà morale fosse stata salvaguardata[71].

Ne consegue, che l’art. 188 del Codice di rito tutela l’indiziato di reità non solo da metodi subdoli oppure da tecniche manipolative, ma anche dall’uso di strumenti coercitivi o di persuasione occulta nel corso dell’interrogatorio. A fortiori, il preindicato divieto preclude ai fini processuali l’utilizzo di mezzi coercitivi della volontà come le narcoanalisi, la macchina della verità (c.d. lie detector), l’ipnosi ed il siero della verità.

Tuttavia, anche alcuni test neuroscientifici ammessi nel sistema giudiziario statunitense sono vietati nel nostro ordinamento per le summenzionate ragioni, infatti sono lesivi della libertà morale personale.

Difatti, la comune premessa di partenza, che sottostà fondamentalmente alla base delle varie tecniche per il rilevamento dell’inganno e della falsa testimonianza, si basa sul rilevamento dello stress emotivo e degli altri effetti psicologici prodotti dalle menzogne, che a loro volta inducono eccitazione fisiologica ed altri cambiamenti fisiologici, che possono essere misurati attraverso modificazioni nella sudorazione, nella pressione sanguigna, nella respirazione, ecc., ma che possono fornire risultati fuorvianti in soggetti ansiosi o nevrotici, ecc.

Per questi motivi la dottrina ha sottolineato che: «ripercorrendo l’asserto chiave del principio di indeterminazione di Heisenberg, può dirsi che il mezzo diagnostico-osservatore altera gli equilibri del dichiarante-oggetto osservato e, perciò, nega la sua pretesa neutralità ponendosi, dunque, nel cono di operatività degli sbarramenti previsti dal sistema»[72].

 

11. Le tecniche manipolative invalse nell’ordinamento statunitense.

 

Invece, un esempio emblematico di prova inammissibile nel nostro ordinamento è quella ottenuta con il Test delle associazioni implicite, (c.d. Implicit Association Test a-IAT) che trae la sua origine nell’ambito della psicologia sociale. In particolare, questo test venne utilizzato inizialmente come strumento per comprendere le associazioni implicite di matrice razziale (Greenwald et al., 1998). Questo test è uno strumento molto flessibile ed applicabile in svariati contesti (Neuroscienze, Neuromarketing, Psicologia, Ricerche di marketingDecision making, ecc.) perché lo IAT fornisce una misurazione indiretta, ma più sensibile di quella esplicita, della forza associativa fra alcuni concetti rappresentati in memoria basandosi sui tempi di reazione. Perciò, uno dei principali vantaggi dello IAT consiste nel fatto che è scarsamente influenzabile dal controllo intenzionale del periziando[73].

Tanto premesso, lo IAT viene di solito somministrato attraverso un computer, sicché quando compare sullo schermo uno stimolo il partecipante deve classificarlo il più velocemente ed accuratamente possibile, riconducendolo alla categoria di riferimento utilizzando solo due tasti di risposta, questo consente lo studio dei processi automatici e inconsapevoli che guidano le scelte individuali. Pertanto, se due stimoli sono fortemente associati tra di loro in memoria il tempo di risposta sarà minore, quindi la velocità esecutiva diverrà il paramento di misurazione dell’indice della forza associativa dei concetti descritti.

Ma va, altresì, precisato che l’esempio paradigmatico di accertamento neuroscientifico lesivo della libertà di autodeterminazione individuale[74] è il Brain Fingerprinting (BF), che rileva le informazioni nascoste memorizzate nel cervello misurando le risposte cerebrali elettroencefalografiche (EEG), acquisendo le onde cerebrali in modo non invasivo con dei sensori posizionati sul cuoio capelluto che fornirebbero una “risposta elettroencefalografica sfaccettata”[75]multifaceted electroencephalographic response (MER), pertanto è ritenuto ammissibile negli Stati Uniti come prova scientifica in tribunale. In altri termini, si tratta di un metodo scientifico per rilevare la presenza o l’assenza di informazioni nascoste che potrebbero generare utili prove forensi, perciò viene applicato in USA nella giustizia penale e nella sicurezza nazionale[76].

La predetta tecnica neuroscientifica implica la presentazione di parole, frasi o immagini contenenti dettagli fondamentali su un crimine o su circostanze oggetto d’indagini giudiziarie sullo schermo di un computer presentati in una serie mista con altri stimoli irrilevanti. Sicché, le risposte cerebrali alle stimolazioni prospettate, che manifestano attività cognitiva, vengono misurate e sono indicate come potenziali “endogeni” correlati agli eventi. In teoria il Brain Fingerprinting sarebbe altamente resistente alle contromisure, perché rileverebbe dati accurati misurando l’elaborazione delle informazioni cognitive senza essere influenzato da bugie, stress o emozioni, in quanto il test calcola una determinazione di “informazioni presenti” o “informazioni assenti” e una probabilità statistica per ogni singola risposta.

Tuttavia, sul Brain Fingerprinting è opportuno effettuare alcune considerazioni di carattere medico e giuridico[77], alcuni autori statunitensi hanno osservato che questa tecnica consentirebbe un controllo scientifico delle informazioni con metodologie d’indagine oggettiva, ma a mio avviso queste loro opinioni non sono assolutamente condivisibili.

Giova al riguardo controdedurre che la memoria umana non è una registrazione esatta ed immutabile degli eventi, ma per converso è nota per essere limitata ed imperfetta in differenti maniere, spesso i ricordi di un accadimento sono approssimativi, talvolta distorti, selettivi e soggetti a molteplici influenze. Inoltre, va precisato che la memoria umana è sovente ridotta ed alterata da malattie mentali o fisiche, da lesioni neurologiche, nonché dalle demenze che sono sempre più diffuse in milioni di persone in tutto il mondo. Inoltre, i ricordi sono soprattutto un rapporto soggettivo del contenuto della memoria, sicché possono essere anche deformati dal mero passaggio del tempo, dall’uso di droghe e da molti altri fattori.

È certamente vero che i neuroni nel cervello formando una vasta rete neurale quando si attivano elettricamente sviluppano un potenziale d’azione, che può essere misurato dall’elettroencefalografia (EEG) perché rileva i cambiamenti di tensione elettrica cerebrale, ma il vero problema è isolare l’attività elettrica di interesse per le indagini. Difatti, va sottolineato che nel medesimo tempo in cui il cervello è impegnato nell’elaborazione delle informazioni di interesse in ambito processuale, è anche impegnato in molte altre attività.

Ne discende, che le onde cerebrali rilevate in qualsiasi momento sono una commistione dell’attività rilevante (correlata all’evento) e di altre attività non rilevanti delle onde cerebrali, provenienti dallo scambio d’informazioni tra varie aree associative del cervello medesimo.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, le perplessità sull’affidabilità, l’accuratezza e l’utilità pratica del Brain Fingerprinting riguardano non solo l’incerta estrapolazione del potenziale di onde cerebrali che è specificamente correlato all’evento di interesse, ma anche al rischio che la persona interrogata possa essere già a conoscenza di dettagli del delitto, avendoli appresi però solo indirettamente da un’altra fonte lecita, come ad esempio notizie di giornali, telegiornali, programmi televisivi vari oppure interrogatori precedenti.

A questo riguardo, giova osservare che il Brain Fingerprinting non riesce a percepire le intenzioni né ad evidenziare le azioni compiute dall’agente o il concorso in un reato, ma può rilevare solo la presenza o l’assenza di specifiche informazioni memorizzate nel cervello e dimostrare che il periziando conosce o meno le notizie inerenti ad un crimine, che per i motivi suesposti non è sufficiente a formulare un giudizio né di assoluzione né di colpevolezza.

 

12. La prova neuroscientifica tra dottrina e giurisprudenza.

 

Peraltro, gran parte della dottrina ritiene che nel nostro ordinamento gli accertamenti neuroscientifici non sarebbero consentiti in maniera coattiva in quanto sarebbero lesivi della dignità e della libertà morale individuali, anche perché gli esami clinici di tipo neurodiagnostico non sono espressamente disciplinati dal Codice di procedura penale. Difatti, è stato autorevolmente osservato dal Prof. Spangher et al. che: «l’ostacolo, a nostro avviso, non sta tanto nell’art. 188 c.p.p. che non riguarda questo genere di atti essenzialmente passivi, quanto nell’assenza di una specifica disposizione che autorizzi l’uso della forza, come esige l’art. 13 Cost.» [78].

Viceversa, un differente orientamento dottrinale ritiene ammissibili gli accertamenti neuroscientifici anche senza il consenso dell’interessato, perciò ha trovato l’ubi consistam nel combinato disposto di cui agli artt. 224 bis c.p.p.[79] e 359 bis c.p.p.[80] da cui si desume che, qualora sia indispensabile, è consentito ai fini peritali sottoporre una persona ad accertamenti medici coattivi, in considerazione proprio della latitudine dell’accezione semantica utilizzata dal legislatore[81]. Una problematica analoga riguarda la risonanza magnetica coattiva, che un indirizzo dottrinale[82] considera invasiva ma, a mio avviso, questo vale soprattutto in riferimento a quella effettuata con mezzo di contrasto che può esporre il periziando ad effetti collaterali, che perciò non dovrebbe essere effettuata senza l’acquisizione del consenso informato.

Difatti, alcuni ritengono che eventuali accertamenti medici coattivi potrebbero collidere con l’art. 32, comma 2, Cost.[83] che preclude i trattamenti sanitari effettuati senza il consenso dell’avente diritto, anche se questi astrattamente rientrano in casi previsti dalla legge.

Viceversa, l’imputato a norma dell’art. 220, comma 2, del Codice di rito[84] può sempre avvalersi di accertamenti neuroradiodiagnostici e ad esami clinici per dimostrare la presenza di malattie psichiche ed ottenere la declaratoria di infermità o di seminfermità mentale. Infatti, una siffatta facoltà e contemplata nel diritto di difesa [85], purché gli accertamenti e gli esami de quibus non causino meiopragie ovverosia una diminuzione permanente dell’integrità psicofisica altrimenti sarebbero vietati dall’art. 5 cod. civ.

Ma va conclusivamente ribadito, che la finalità dell’accertamento dell’infermità o della seminfermità mentale è strettamente correlata alla capacità di intendere e di volere. Pertanto, in assenza di specifiche condotte sintomo che abbiano significato di malattia, il soggetto agente non va considerato non imputabile valutandolo solo sulla scorta dei suoi atteggiamenti psicologici oppure per il suo modo di essere, questo perché sarebbe tecnicamente improprio non potendolo includere in un paradigma nosografico ascriverlo, invece, nel novero di modelli tassonomici stereotipati c.d. schemi di tipo d’autore[86].

 

13. Considerazioni conclusive.

 

Lo sviluppo incessante delle neuroscienze e della ricerca scientifica in ambito biomedico stanno rimodellando le scienze mediche, perciò possono fornire degli strumenti tecnici di notevole supporto in campo giudiziario e processuale, soprattutto ai fini dell’accertamento dell’imputabilità.

Va, tuttavia, precisato che la verità clinica e le varie scuole di pensiero in ambito neuroscientifico non devono sovrapporsi alla verità processuale, dato che quest’ultima è contestuale alle conoscenze ed alle metodologie disponibili ratione temporis ed è finalizzata al perseguimento della giustizia[87]. Ne consegue, che la verità giudiziale non può prescindere dall’acquisizione e dalla valutazione delle prove – ma anche dall’effettiva scientificità dei mezzi di prova – compiute nel contraddittorio.

D’altro canto, va precisato che le prove scientifiche e le neuroscienze cognitive forniscono delle importanti informazioni sulle connessioni morfologiche e funzionali tra gli emisferi e le aree associative del cervello, ma non equivalgono ad una lettura della mente. Sicché, non possono spiegare con certezza né le cause, né tantomeno le motivazioni del comportamento criminoso del reo che è un evento multideterminato, perciò indicano mere correlazioni probabilistiche ma non un rapporto di causa-effetto[88]. Al riguardo, è ben nota in ambito medico-legale la c.d. “sindrome della sopravvalutazione pregiudiziale della biologia del cervello”[89] (Brain Overclaimed Syndrome), che consiste in una fallace valutazione peritale incardinata solamente su una presunta alterazione biologica e funzionale dell’encefalo e che può ingenerare errori anche in sede processuale.

Inoltre, ogni individuo vive ed opera in un contesto socio-ambientale che può avere degli effetti che si riverberano sulla persona e che sono difficilmente valutabili in astratto[90]. Questo avviene anche perché sugli accertamenti medici influisce il c.d. criterio diacronico, dato che la diagnostica per immagini fornisce dati morfologici e funzionali del cervello ratione temporis, ma non può risalire con certezza a ritroso alle effettive condizioni del reo[91] nel tempus commissi delicti.

Peraltro, le patologie morfo-funzionali della corteccia prefrontale e del sistema limbico, nonché delle strutture corticali e sottocorticali non implicano automaticamente l’elisione della capacità d’intendere e di volere o di autodeterminarsi[92]. Altresì, la mera concomitanza di una neoplasia cerebrale in fase iniziale non è necessariamente correlata alla commissione di un omicidio o ad altre condotte penalmente rilevanti[93].

Va, altresì, precisato che i tumori cerebrali non comportano automaticamente un incremento degli atti eterolesivi, nonostante siano patologie tutt’altro che rare, difatti il Prof. Carlo Della Rocca et al. hanno sottolineato che: «Le metastasi cerebrali si verificano nel 20% dei pazienti oncologici, specialmente in quelli con carcinoma polmonare, mammario, melanoma o a cellule renali, determinando una prognosi sfavorevole»[94].

A questo riguardo, il Prof. Fornari ha osservato che: «Alterazioni anatomo-funzionali dei lobi frontali e del sistema limbico non possono, da sole, spiegare la complessità della psicopatologia e rischiano di ridurre il comportamento umano ad ambiti e dimensioni che, allo stato, sono ben lungi dall’ottenere una loro validazione clinica»[95].

Sulla scorta di quanto sopra prospettato, è opportuno evitare di ragionare in modo acritico applicando surrettiziamente scorciatoie argomentative, generalizzazioni ed automatismi disancorati da categorie nosografiche certe, dato che sussiste una spiccata variabilità individuale anche a livello cerebrale. Infatti, la letteratura scientifica neuropsichiatrica ha riportato vari casi di individui cerebrolesi che non hanno sviluppato comportamenti aggressivi[96].

Per questi motivi, la scienza in generale e le neurodiscipline si ammantano della relatività dato che sono comunque tuttora in evoluzione, perciò non devono dominare la giurisdizione. Difatti, lo strumento scientifico ha un rilievo funzionale purché sia affidabile e proceda secundum legem conformandosi cioè all’itinerario processuale[97] ed armonizzandosi con la normazione vigente, ma non può in nessun caso agire disgiuntamente ed autonomamente alla stregua di una legibus soluta potestas.

Giova, tra l’altro, rammentare che la validità di una sentenza non si basa sull’aver aderito ad una teoria scientifica o ad un’altra oppure nell’aver utilizzato tecniche innovative per raccogliere ed elaborare i dati, ma è ravvisabile nel rispetto delle norme di diritto sostanziale e processuale soprattutto durante il procedimento probatorio, nonché nella verifica del grado di attendibilità e di credibilità razionale della legge scientifica utilizzata nel caso concreto.

Difatti, nel nostro ordinamento l’ambito di operatività del Diritto penale è tratteggiato da un rigido quadro normativo costituzionale dominato dalla presunzione di innocenza, dal principio del contraddittorio, nonché dall’onus probandi che incombe sul pubblico ministero. Perciò, il Giudice dovrà assolvere l’imputato se la sua colpevolezza non sarà dimostrabile “al di là di ogni ragionevole dubbio”[98] come recita il brocardo in dubio pro reo.

Alla luce di quanto sopra prospettato, i summenzionati princìpi costituzionali sono stati recepiti nel Codice di rito e si riverberano in particolare nell’impostazione degli artt. 192, comma 1, c.p.p.[99], 546, comma 1, lett. e), c.p.p.[100] e 606, comma 1, lett. e), c.p.p.[101], nonché specialmente nell’art. 533, comma 1, c.p.p.[102]

Pertanto, va conclusivamente ribadito che il Consulente Tecnico dovrebbe conoscere sia la Medicina sia il Diritto per riuscire veramente a cogliere la res medica sub specie juris. Inoltre, è imprescindibile contestualizzare il comportamento del periziando, attraverso una disamina integrata del profilo funzionale e di quello psicopatologico, alla luce di consolidati criteri nosografici.

 

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Note legali

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Giova ribadire che le informazioni scientifiche sono soggette a continue variazioni causate dalle incessanti ricerche e sperimentazioni cliniche, dalle normali divergenze di opinioni fra i differenti orientamenti della letteratura scientifica e persino tra le autorità preposte, dagli aspetti unici dovuti alla variabilità individuale ed alla possibilità di errori umani. Pertanto tutti questi molteplici fattori ed elementi differenti si ripercuotono inevitabilmente quando vengono redatti articoli di ricerca così estesi, cosicché è possibile che altre fonti della letteratura medica, giuridica e scientifica possano prospettare ipotesi contrastanti o divergenti dalle informazioni riportate sul sito di questa Rivista. Queste informazioni non rappresentano in alcun modo un parere professionale specifico e non possono sostituire un consulto individuale col proprio medico curante oppure con altri professionisti sanitari esperti della materia.

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[*]Professor of Occupational and Legal Medicine and BioLaw at the Niccolò Cusano University of Rome; Scientific Director of the Journal of Medicine and Human Sciences; Head of Medical Disciplines; Doctor of Medicine (M.D.); Doctor of research (Ph.D.); Attorney at Law (Esq.); Postgraduate Specialization Diploma for the Legal Professions (SSPL).

Professore a contratto di Medicina del Lavoro, Medicina Legale e BioDiritto nell’Università degli Studi Niccolò Cusano – Telematica Roma; Direttore Scientifico della Rivista Medicina e Scienze Umane, Responsabile delle Discipline Mediche; Medico Chirurgo; Dottore di Ricerca in Medicina Legale e Scienze Forensi; Avvocato; Specialista in Professioni Legali;

[1] V., amplius, P. HUBER, Galileo’s Revenge: Junk Science in the Courtroom, Basic Books, 1991, p. 2 ss., 40 ss., 92 ss.;

[2] V., TOMMASO SPASARI, Aspetti medici e giuridici dell’obbligo vaccinale del personale sanitario in Italia ai tempi della pandemia da coronavirus: la ratio ispiratrice del legislatore osservata dalla prospettiva della Medicina Legale e del Lavoro, in Rivista di Medicina e Scienze Umane dell’Università degli Studi “Niccolò Cusano” , 2021, no. 1,

https://www.medicinaescienzeumane.com/2021/06/22/aspetti-medici-e- giuridici-dellobbligo-vaccinale-del-personale-sanitario-in-italia-ai-tempi- della-pandemia-da-coronavirus-la-ratio-ispiratrice-del-legislatore- osservata-dalla-prospettiva-del/ ;

[3] Galeno, De experientia medica, 10, p. 101;

[4] Alessandra VIOLI, Valeria FORTUNATO, Andrea D’AMURI, Giovanni ZULIANI, Stefania BASILI, Angelina PASSARO, Bernadette CORICA, Valeria RAPARELLI, Rethinking of osteoporosis through a sex- and gender-informed approach in the COVID-19 era, in Minerva Obstetrics and Gynecology 2021 December;73(6):754-69, https://doi.org/10.23736/S2724-606X.21.04893-4 ;

[5] V., amplius, Carlo Casonato, Introduzione al biodiritto, Giappichelli Editore, Torino 2012 (I edizione);

[6] Sul punto, sia consentito il rinvio a Carlo Casonato, UN DIRITTO DIFFICILE. IL CASO LAMBERT FRA NECESSITÀ E RISCHI, in Nuova Giur. Civ., 2015, 9, 20489;

[7] V., a questo riguardo R. P. FEYNMAN, Il senso delle cose, Milano, 2004;

[8] V., P. TONINI, La prova scientifica: considerazioni introduttive, cit., p. 9, in Dir. pen. proc., 2008, n. 6, Dossier: La prova scientifica nel processo penale;

[9] Ibidem, P. TONINI, La prova scientifica: considerazioni introduttive;

[10] V., Karl POPPER, Logik der Forschung, 1934, trad. K.R. POPPER, Logica della scoperta scientifica, Torino, 1970;

[11] Cfr., K. R. POPPER, Il mito della cornice [1994], trad. it., Bologna, 1995;

[12] K.R. POPPER, The poverty of historicism (1944-45), trad. it., Miseria dello storicismo, Milano, 1997, p. 120;

[13] K.R. POPPER, Conjectures and Refutations: The growth of Scientific Knowledge, New York, 1962, trad. it. Congetture e confutazioni, Bologna, 1972, p. 325 e ss.;

[14] T. KHUN, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, 1962, trad. it., in Grande dizionario enciclopedico, XI, Torino, 710;

[15] Cfr., G. UBERTIS, Sistema di procedura penale, I, Principi generali, Torino, 2007, 44;

[16] Mi sia consentito il rinvio all’opera dell’illustre Maestra Prof.ssa Luisella De Cataldo Neuburger (a cura di), La prova scientifica nel processo penale, Padova, 2007, nonché ibidem P. TONINI Progresso tecnologico, prova scientifica e contraddittorio, p. 61 e ss.; si veda anche ex plurimis P. FERRUA, Processo penale e verità, DD, 2000, p. 207; nonché P. FOCARDI, La consulenza tecnica extraperitale delle parti private, Padova, 2003, p. 11;

[17] G. UBERTIS, Sistema di procedura penale, vol. I, Principi generali, Torino, 2007, cit., pp. 43 e ss.;

[18] A. PAGLIARO, Causalità e diritto penale, in Cass. pen., 2005, p. 1037 ss., nonché G. CANZIO, La causalità tra diritto e processo pe- nale, in Cass. pen., 2006, p. 1972;

[19] Cfr., amplius, MARIO SPASARI, L’omissione nella teoria della fattispecie penale, GIUFFRÉ, Milano, 1957, cit. p. 159;

[20] C. CONTI, L’incontro tra teoria generale del reato e conoscenza giudiziale: l’accertamento del nesso di causalità, cit., p. 173; nonché C. CONTI, La prova del rapporto di causalità, in La prova scientifica nel processo penale, a cura di L. de Cataldo Neuburger, Padova, 2007, p. 135 ss.;

[21] F. STELLA, Leggi scientifiche e spiegazione causale nel diritto penale, Milano, 1975;

[22] Cass., sez. un., 10 luglio–11 settembre 2002, Franzese, in Cass. pen., 2002, 3643 e in Dir. pen. proc., 2002, 1357;

[23] Mi sia consentito il rinvio a TOMMASO SPASARI, Lineamenti della responsabilità professionale nel settore medico, Criteri di ricerca del rapporto di causalità nelle fattispecie omissive improprie, LA SAPIENZA EDITRICE, Roma, 2005; passim, cit. p. 3 e ss.;

[24] C. CONTI, Iudex peritus peritorum e ruolo degli esperti nel processo penale, in Dir. pen. proc., 2008, p. 29 ss.;

[25] V., amplius, E. R. KANDEL, J. H. SCHWARTZ, T. M. JESSELL, Principi di neuroscienze, Casa Editrice Ambrosiana, Milano, 2003; p. 3 ss.; M. F. BEAR, B. W. CONNORS, M. A. PARADISO, Neuroscienze. Esplorando il cervello, cit., p. 12 ss.;

[26] Cfr., ex plurimis, L. SAMMICHELI, G. SARTORI, Neuroscienze giuridiche: i diversi livelli di interazione tra diritto e neuroscienze, in Manuale di neuroscienze forensi, a cura di A. Bianchi, G. Gulotta, G. Sartori, Milano, 2009, p. 15 ss.; nonché; G. VARRASO, Neuroscienze e consulenza «investigativa», in AA. VV., Le indagini atipiche, a cura di A. Scalfati, Torino, II ed., 2019;

[27] AMEDEO SANTOSUOSSO, MARTA TOMASI, Diritto, Scienza, Nuove Tecnologie, III Edizione, CEDAM, 2021, passim, cit. pp. 3, 6;

[28] P. PIETRINI – G. SARTORI, Come evolve il ruolo della perizia psichiatrica alla luce delle acquisizioni delle neuroscienze, in Guida dir., focus on line, n. 8/2011;

[29] G. VALLAR – C. PAPAGNO, Manuale di neuropsicologia, 2° ed., Bologna, Il Mulino, 2011;

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[34] V., ibidem, E. R. KANDEL, J. H. SCHWARTZ, T. M. JESSELL, Principi di neuroscienze;

[35] Cfr., amplius, Johnjoe McFadden, Integrating information in the brain’s EM field: the cemi field theory of consciousness, in Neuroscience of Consciousness, Volume 2020, Issue 1, 2020, niaa016, https://doi.org/10.1093/nc/niaa016 ;

[36] Gangitano E, Gnessi L, Lenzi A, Ray D., Chronobiology and Metabolism: Is Ketogenic Diet Able to Influence Circadian Rhythm? Front Neurosci. 2021 Nov 8;15:756970. doi: 10.3389/fnins.2021.756970. PMID: 34819833; PMCID: PMC8606558.;

[37] Cfr., amplius L. ALGERI, La prova neuroscientifica nel processo penale, CEDAM, 2020, pag. 157 e ss.;

[38] T. HENRY GREELY & D. ANTHONY WAGNER, Reference Guide on Neuroscience, v., pag. 761 e ss.; E.R. KANDEL, J.K. SCHWARTZ, T.M. JESSELL, Principi di neuroscienze;

[39] V., G. NEIL MARTIN, M. BALCONI, Neuropsicologia cognitiva, Milano, 2013;

[40] G. PAVAN, L’imputabilità è presupposto della colpevolezza: considerazioni in ordine al rapporto tra la scelta dogmatica operata da SS. UU. 25. 1. 2005 n. 9163 e l’estensione dell’infermità ai gravi disturbi della personalità, in Ind. pen., 2008, p. 308; nonché G. PAVAN, Sui rapporti fra disciplina dell’imputabilità e nosografia psichiatrica, Riv. It. med leg., 2003, p. 659;

[41] V., amplius, G. FIDELBO, Le Sezioni Unite riconoscono rilevanza ai disturbi della personalità, in Cass. pen., 2005, p. 1873; PAVAN G., Sui rapporti fra disciplina dell’imputabilità e nosografia psichiatrica;

[42] Cfr., Cass. pen., Sez. un., 8 marzo 2005 (u.p. 25 gennaio 2005), n. 9163;

[43] C.p. art. 88. Vizio totale di mente

Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità d’intendere o di volere.

[44] C.p. art. 89. Vizio parziale di mente

Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità d’intendere o di volere, risponde del reato commesso; ma la pena è diminuita.

[45] M. BERTOLINO, L’infermità mentale al vaglio delle Sezioni Unite, in Dir. pen. proc., p. 853; F. CENTONZE, L’imputabilità, il vizio di mente e i disturbi della personalità, in Riv. It. dir. proc. pen., 2005, p. 247; G. FIDELBO, Le Sezioni Unite riconoscono rilevanza ai disturbi della personalità, in Cass. pen., 2005, p. 1873; U. FORNARI, I disturbi gravi della personalità rientrano nel concetto di infermità, in Cass. pen., 2006, p. 274; G. LEO, I disturbi della personalità nel quadro delle patologie che incidono sull’imputabilità, in Il Corriere del merito, 2005, p. 585;

[46] V., Cass. Sez. IV, 13.07.2007;

[47] M. BERTOLINO, Commento alla sentenza delle Sezioni Unite n. 9163; in Riv. It. Dir. e proc. pen., 2005, 394, con nota di M.T. COLLICA, “Anche i disturbi della personalità sono infermità mentali”;

[48] Cfr., amplius, S. NANNINI, L’anima e il corpo. Un’introduzione storica alla filosofia della mente, Editori Laterza, Bari, 2002;

[49] V., M. GAZZANIGA, Chi comanda? Scienza, mente e libero arbitrio, Codice Edizioni, Torino, 2012, 153-154; ed anche I. MERZAGORA BETSOS, Colpevoli si nasce? Criminologia, determinismo, neuroscienze, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2012, 88-91;

[50] Cfr., P. PIETRINI, V. BAMBINI, Homo ferox: il contributo delle neuroscienze alla comprensione dei comportamenti aggressivi e criminali, in Manuale di neuro- scienze forensi, p. 60;

[51] Cass., Sez. I, 4.2.2009, n. 9015, in CED n. 242878;

[52] C.p. art. 90. Stati emotivi o passionali

Gli stati emotivi o passionali non escludono né diminuiscono l’imputabilità.

[53] RIZZO, Gli stati emotivi o passionali e i disturbi della personalità come causa di esclusione della capacità di intendere e di volere, in Riv. pen., 2014, p. 362;

[54] E. KANDEL, La mente alterata. Cosa dicono di noi le anomalie del cervello, scienza e idee, Milano, 2018, p. 19 ss.;

[55] V. SILANI, La corteccia pre-frontale e le funzioni esecutive, in Dinamiche della volizione e libertà, Milano, 2008, 73 e ss.;

[56] E.R. KANDEL, J.K. SCHWARTZ, T.M. JESSELL, Principi di neuroscienze, Milano, 2015, p. 409; M. S. GAZZANIGA, R. IVRY, G. MANGUN, Cognitive Neuroscience, W.W Norton & Company inc., 2002, ed. it., Neuroscienze Cognitive, Bologna, 2005, p. 443;

[57] G. RIZZOLATTI, C. SINIGAGLIA, So quel che fai. Il cervello che agisce i neuroni specchio, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2006;

[58] G. RIZZOLATTI, L. VOZZA, Nella mente degli altri, Bologna, p. 2007, p. 30 ss.; M. IACOBINI, Neuroni specchio, Torino, 2008, p. 16 ss.;

[59] G. RIZZOLATTI, C. SINIGAGLIA, Specchi nel cervello. Come comprendiamo gli altri dall’interno, Milano, 2019, p. 246;

[60] A. DALSANT, A. TRUZZI, P. SETOH & G. ESPOSITO, Empatia e Teoria della Mente: un unico meccanismo cognitivo, in Rivista internazionale di filosofia e psicologia, Vol. 6 (2015), n. 2, pp. 245-248;

[61] R. SAXE, N. KANWISHER, People Thinking about Thinking People: the Role of the Temporo parietal junction in “theory of mind”, in Psychological Science, 2003, vol. 19, p. 1835 ss;

[62] G. VASSALLI, Il diritto alla libertà morale. (Contributo alla teoria dei diritti della personalità), in Aa. Vv., Studi giuridici in memoria di Filippo Vassalli, vol. II, Torino, 1957, cit. p. 1629-1701;

[63] P. TONINI, Manuale di procedura penale, Milano, 2010, p. 267;

[64] Cfr., amplius, G. VASSALLI, Scritti giuridici, vol. III, Il processo e le libertà, Milano, 1997, p. 306-307;

[65] A. BARBERA, I principi costituzionali della libertà personale, Milano, 1967, P. CARETTI, I diritti fondamentali. Libertà e diritti sociali, Torino, 2011, p. 240; G. U. RESCIGNO, Corso di diritto pubblico, Bologna, 2009, p. 600;

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[67] Cost. art. 13.

La libertà personale è inviolabile.

Non è ammessa forma alcuna di detenzione di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di Pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’Autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.

È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.

La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.

[68] Cost. art. 24.

Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.

La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.

Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.

La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.

[69] Cost. art. 27.

La responsabilità penale è personale.

L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

Non è ammessa la pena di morte.

[70] V., in tal senso, G. UBERTIS, Sistema di procedura penale, Milano, 2017, p. 241;

[71] P. FELICIONI, sub art. 188, in Codice di procedura penale commentato, a cura di A. Giarda, G. Spangher, Milano, 2017, p. 1875; F. M. GRIFANTINI, sub art. 188, cit., p. 530;

[72] G. DI CHIARA, Il canto delle sirene. Processo penale e modernità scientifico-tecnologica: prova dichiarativa e diagnostica della verità, in Criminalia, 2007, cit. pag. 38;

[73] V., ex plurimis, C. BONZANO, Gli accertamenti medici coattivi, Milano, 2017, p. 67 ss.

[74] C. CONTI, I diritti fondamentali della persona tra divieti e “sanzioni processuali”: il punto sulla perizia coattiva, cit., p. 993; eademAccertamenti medici sulla persona e diritti fondamentali: il legislatore di fronte all’oceano, in C. CONTI (a cura di), Scienza e processo penale. Nuove frontiere e vecchi pregiudizi, Milano, 2011, p. 119; P. TONINI, Il diritto delle prove penali, Milano, 2014, p. 188;

[75] FARWELL LA, SMITH SS (2001) Using brain MERMER testing to detect concealed knowledge despite efforts to conceal. J Forensic Sci 46(1):135–143. Available at: http://www.Brainwavescience.com/Farwell_Smith_Journal_of_Forensic_Sciences_Brain_Fingerprinting.pdf ;

[76] LAWRENCE A. FARWELL, Brain fingerprinting: a comprehensive tutorial review of detection of concealed information with event-related brain potentials, Cogn Neurodyn. 2012 Apr; 6(2): 115–154. Published online 2012 Feb 17. PMCID: PMC3311838, PMID: 23542949, doi: https://dx.doi.org/10.1007%2Fs11571-012-9192-2 ;

[77] F. G. PIZZETTI, Neuroscienze forensi e diritti fondamentali: spunti costituzionali, Torino, 2012;

[78] V. amplius, P. FERRUA, La prova nel processo penale: profili generali, in La prova penale, a cura di P. FERRUA, E. MARZADURI, G. SPANGHER, Torino, 2013, pag. 30;

[79] c.p.p. art. 224-bis. Provvedimenti del giudice per le perizie che richiedono il compimento di atti idonei ad incidere sulla libertà personale

  1. Quando si procede per delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, per i delitti di cui agli articoli 589-bis e 590-bis del codice penale e negli altri casi espressamente previsti dalla legge,se per l’esecuzione della perizia è necessario compiere atti idonei ad incidere sulla libertà personale, quali il prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale su persone viventi ai fini della determinazione del profilo del DNA o accertamenti medici, e non vi è il consenso della persona da sottoporre all’esame del perito, il giudice, anche d’ufficio, ne dispone con ordinanza motivata l’esecuzione coattiva, se essa risulta assolutamente indispensabile per la prova dei fatti.
  2. Oltre a quanto disposto dall’articolo 224, l’ordinanza di cui al comma 1 contiene, a pena di nullità:

      a) le generalità della persona da sottoporre all’esame e quanto altro valga ad identificarla;

      b) l’indicazione del reato per cui si procede, con la descrizione sommaria del fatto;

      c) l’indicazione specifica del prelievo o dell’accertamento da effettuare e delle ragioni che lo rendono assolutamente indispensabile per la prova dei fatti;

      d) l’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore o da persona di fiducia;

      e) l’avviso che, in caso di mancata comparizione non dovuta a legittimo impedimento, potrà essere ordinato l’accompagnamento coattivo ai sensi del comma 6;

      f) l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora stabiliti per il compimento dell’atto e delle modalità di compimento.

3. L’ordinanza di cui al comma 1 è notificata all’interessato, all’imputato e al suo difensore nonché alla persona offesa almeno tre giorni prima di quello stabilito per l’esecuzione delle operazioni peritali.

4. Non possono in alcun caso essere disposte operazioni che contrastano con espressi divieti posti dalla legge o che possono mettere in pericolo la vita, l’integrità fisica o la salute della persona o del nascituro, ovvero che, secondo la scienza medica, possono provocare sofferenze di non lieve entità.

5. Le operazioni peritali sono comunque eseguite nel rispetto della dignità e del pudore di chi vi è sottoposto. In ogni caso, a parità di risultato, sono prescelte le tecniche meno invasive.

6. Qualora la persona invitata a presentarsi per i fini di cui al comma 1 non compare senza addurre un legittimo impedimento, il giudice può disporre che sia accompagnata, anche coattivamente, nel luogo, nel giorno e nell’ora stabiliti. Se, pur comparendo, rifiuta di prestare il proprio consenso agli accertamenti, il giudice dispone che siano eseguiti coattivamente. L’uso di mezzi di coercizione fisica è consentito per il solo tempo strettamente necessario all’esecuzione del prelievo o dell’accertamento. Si applicano le disposizioni dell’articolo 132, comma 2.

7. L’atto è nullo se la persona sottoposta al prelievo o agli accertamenti non è assistita dal difensore nominato.

[80] c.p.p. art. 359-bis. Prelievo coattivo di campioni biologici su persone viventi

  1. Fermo quanto disposto dall’articolo 349, comma 2-bis, quando devono essere eseguite le operazioni di cui all’articolo 224-bis e non vi è il consenso della persona interessata, il pubblico ministero ne fa richiesta al giudice per le indagini preliminari che le autorizza con ordinanza quando ricorrono le condizioni ivi previste.
  2. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone lo svolgimento delle operazioni con decreto motivato contenente i medesimi elementi previsti dal comma 2 dell’articolo 224-bis, provvedendo a disporre l’accompagnamento coattivo, qualora la persona da sottoporre alle operazioni non si presenti senza addurre un legittimo impedimento, ovvero l’esecuzione coattiva delle operazioni, se la persona comparsa rifiuta di sottoporvisi. Entro le quarantotto ore successive il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari la convalida del decreto e dell’eventuale provvedimento di accompagnamento coattivo. Il giudice provvede con ordinanza al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive, dandone avviso immediatamente al pubblico ministero e al difensore.
  3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, le disposizioni degli articoli 132, comma 2, e 224-bis, commi 2, 4 e 5, si applicano a pena di nullità delle operazioni e di inutilizzabilità delle informazioni così acquisite. Si applicano le disposizioni di cui al comma 2 dell’articolo 191.

3-bis. Nei casi di cui agli articoli 589-bis e 590-bis del codice penale, qualora il conducente rifiuti di sottoporsi agli accertamenti dello stato di ebbrezza alcolica ovvero di alterazione correlata all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, se vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini, il decreto di cui al comma 2 e gli ulteriori provvedimenti ivi previsti possono, nei casi di urgenza, essere adottati anche oralmente e successivamente confermati per iscritto. Gli ufficiali di polizia giudiziaria procedono all’accompagnamento dell’interessato presso il più vicino presidio ospedaliero al fine di sottoporlo al necessario prelievo o accertamento e si procede all’esecuzione coattiva delle operazioni se la persona rifiuta di sottoporvisi. Del decreto e delle operazioni da compiersi è data tempestivamente notizia al difensore dell’interessato, che ha facoltà di assistervi, senza che ciò possa comportare pregiudizio nel compimento delle operazioni. Si applicano le previsioni di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 365. Entro le quarantotto ore successive, il pubblico ministero richiede la convalida del decreto e degli eventuali ulteriori provvedimenti al giudice per le indagini preliminari, che provvede al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive, dandone immediato avviso al pubblico ministero e al difensore. Le operazioni devono sempre svolgersi nel rispetto delle condizioni previste dai commi 4 e 5 dell’articolo 224-bis.

[81] V., ibidem, P. TONINI, C. CONTI, Il diritto delle prove penali, pag. 195 e ss.;

[82] V., ibidem, G. DI CHIARA, Il canto delle sirene. Processo penale e modernità scientifico-tecnologica, in Criminalia, 2007, cit. pag. 38;

[83] Cost. art. 32.

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

[84] c.p.p. art. 220. Oggetto della perizia

  1. La perizia è ammessa quando occorre svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche.
  2. Salvo quanto previsto ai fini dell’esecuzione della pena o della misura di sicurezza, non sono ammesse perizie per stabilire l’abitualità o la professionalità nel reato, la tendenza a delinquere, il carattere e la personalità dell’imputato e in genere le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche.

[85] C. BONZANO, Gli accertamenti medici coattivi, cit., p.70; VARRASO G., Neuroscienze e consulenza “investigativa”, in Aa.Vv., Le indagini atipiche, a cura di A. Scalfati, Torino, II ed., 2019, v., pagg. 357 e ss;

[86] Cfr., ex plurimis, A.A. CALVI, Tipo criminologico e tipo normativo d’autore, Cedam, Padova, 1967; G. FLORA, Verso un diritto penale del tipo d’autore?, in Riv. it. dir. pen. proc., 2008, v., pagg. 559-571; A. MANNA, La giustizia penale fra Otto e Novecento: la disputa tra soggettivismo e oggettivismo, in Ind. pen., 2006, v., pagg. 509-555;

[87] G. UBERTIS, Sistema di procedura penale, Milano, 2017, v. pag. 72 e ss.

[88]   V., amplius, U. FORNARI, Trattato di psichiatria forense, Tomo secondo, Milano, 2018, v. pag. 1353 e ss.;

[89] Si vedano ex plurimis, S.J. MORSE, Brain Overclaimed Syndrome and Criminal Responsability: A Diagnostic Note, in Ohio State J. Crim., 3, 2006, pag. 397 e ss.; nonché E. STRATICÒ, Una riflessione sulle neuroscienze e sulle sue ricadute, in Rass. it. crim., 2, 2013, pag. 133 e ss.;

[90] Cfr., amplius, U. FORNARI, Trattato di psichiatria forense, Tomo secondo, Milano, 2018, v. pag. 1352 e ss.;

[91] GAZZANIGA M. S., IVRY R., MANGUN G., Cognitive Neuroscience, W.W Norton & Company inc., 2002, ed. it., Neuroscienze Cognitive, Bologna, 2015, v. pag. 660 e ss.;

[92] Ex plurimis v., M.S. GAZZANIGA, Chi comanda? Scienza, mente e libero arbitrio, Torino, 2013, pag. 216 ss.; G. NIVOLI, L. LORETTU, P. MILLA A. NIVOLI, Psichiatria forense, Piccin, Padova, 2019, pag. 439;

[93] S. MADHUSOODANAN, M.B. TING, T. FARAH, U. UGUR, psychiatric aspect of Brain tumors: a review, in world J. Psychitr., 5, 3, 2015, p. 273-285; G.K. SIM- PSON, E. KOH, D. WHITING, K.M. WRIGHT, T. SIMPSON, R. FIRTH, L. GILLETT, K. YOUNAN, frequency, clinical correlates, and rating of behavioral changes in primary brain tumor patients: a preliminary investigation, in Frontiers in oncology, 5, 78, 2015, p. 1-9;

[94] Botticelli A, Cirillo A, Scagnoli S, Cerbelli B, Strigari L, Cortellini A, Pizzuti L, Vici P, De Galitiis F, Di Pietro FR, Cerbelli E, Ghidini M, D’Amati G, Della Rocca C, Mezi S, Gelibter A, Giusti R, Cortesi E, Ascierto PA, Nuti M, Marchetti P. The Agnostic Role of Site of Metastasis in Predicting Outcomes in Cancer Patients Treated with Immunotherapy. Vaccines (Basel). 2020 Apr 28;8(2):203. PMID: 32353934; PMCID: PMC7349154. doi: https://doi.org/10.3390/vaccines8020203 ;

[95] Ibidem, U. FORNARI, Trattato di psichiatria forense, cit. pag. 1349;

[96] Cfr., ex plurimis, S. SCHLEIM, Brains in context in the neurolaw debate: The example of free will and “dangerous” brains, in International Journal of Law and Psychiatry, 2012, v. pag. 104 e ss.;

[97] A. SCALFATI, La deriva scientista dell’accertamento penale, in Processo penale e giustizia, 5, 2011, v. pag. 145 e ss.;

[98] G. CANZIO, La valutazione della prova scientifica fra verità processuale e ragionevole dubbio, in Scienza e processo penale, a cura di C. Conti, Milano, 2011, v. pag. 64 e ss.;

[99] c.p.p. art. 192. Valutazione della prova

  1. Il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati.
  2. L’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti.
  3. Le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso a norma dell’articolo 12 sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità.
  4. La disposizione del comma 3 si applica anche alle dichiarazioni rese da persona imputata di un reato collegato a quello per cui si procede, nel caso previsto dall’articolo 371 comma 2 lettera b).

[100] c.p.p. art. 546. Requisiti della sentenza

  1. La sentenza contiene:

a) l’intestazione «in nome del popolo italiano» e l’indicazione dell’autorità che l’ha pronunciata;

b) le generalità dell’imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private;

c) l’imputazione;

d) l’indicazione delle conclusioni delle parti;

e)la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, con l’indicazione dei risultati acquisiti e dei criteri di valutazione della prova adottati e con l’enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie, con riguardo:

1) all’accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono all’imputazione e alla loro qualificazione giuridica;

2) alla punibilità e alla determinazione della pena, secondo le modalità stabilite dal comma 2 dell’articolo 533, e della misura di sicurezza;

3) alla responsabilità civile derivante dal reato;

4) all’accertamento dei fatti dai quali dipende l’applicazione di norme processuali;

f) il dispositivo, con l’indicazione degli articoli di legge applicati;

g) la data e la sottoscrizione del giudice.

2. La sentenza emessa dal giudice collegiale è sottoscritta dal presidente e dal giudice estensore. Se, per morte o altro impedimento, il presidente non può sottoscrivere, alla sottoscrizione provvede, previa menzione dell’impedimento, il componente più anziano del collegio; se non può sottoscrivere l’estensore, alla sottoscrizione, previa menzione dell’impedimento, provvede il solo presidente.

3. Oltre che nel caso previsto dall’articolo 125 comma 3, la sentenza è nulla se manca o è incompleto nei suoi elementi essenziali il dispositivo ovvero se manca la sottoscrizione del giudice.

[101] c.p.p. art. 606. Casi di ricorso

  1. Il ricorso per cassazione può essere proposto per i seguenti motivi:

a) esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri;

b) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale;

c) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza;

d) mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso dell’istruzione dibattimentale limitatamente ai casi previsti dall’articolo 495, comma 2;

e) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame.

2. Il ricorso, oltre che nei casi e con gli effetti determinati da particolari disposizioni, può essere proposto contro le sentenze pronunciate in grado di appello o inappellabili.

2-bis. Contro le sentenze di appello pronunciate per reati di competenza del giudice di pace, il ricorso può essere proposto soltanto per i motivi di cui al comma 1, lettere a), b) e c).

3. Il ricorso è inammissibile se è proposto per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge o manifestamente infondati ovvero, fuori dei casi previsti dagli articoli 569 e 609 comma 2, per violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello.

[102] c.p.p. art. 533. Condanna dell’imputato

  1. Il giudice pronuncia sentenza di condanna se l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio.Con la sentenza il giudice applica la pena e le eventuali misure di sicurezza.
  2. Se la condanna riguarda più reati, il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi e quindi determina la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene o sulla continuazione. Nei casi previsti dalla legge il giudice dichiara il condannato delinquente o contravventore abituale o professionale o per tendenza.
  3. Quando il giudice ritiene di dover concedere la sospensione condizionale della pena o la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, provvede in tal senso con la sentenza di condanna.

3-bis. Quando la condanna riguarda procedimenti per i delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), anche se connessi ad altri reati, il giudice può disporre, nel pronunciare la sentenza, la separazione dei procedimenti anche con riferimento allo stesso condannato quando taluno dei condannati si trovi in stato di custodia cautelare e, per la scadenza dei termini e la mancanza di altri titoli, sarebbe rimesso in libertà.