The application of some principles of bioethics to preterm birth

 

di Enzo Kermol, Ph.D.

Docente nell’Università degli Studi Niccolò Cusano, Psicologo Neuropsicologo, Dottore di Ricerca in medicina materno infantile

Professor at the Niccolò Cusano University of Rome; Doctor of Psychology; Doctor of research in maternal and child medicine

 

Accettato: 17 novembre 2022 – Pubblicato: 30 novembre 2022.

Il presente contributo prima di essere pubblicato è stato sottoposto a procedura di referaggio (peer review) in base al regolamento editoriale della Rivista.

 

SOMMARIO

 

Abstract:

  1. Alcuni concetti di bioetica
  2. La nascita pretermine
  3. Considerazioni etiche sulla nascita pretermine
  4. Le cure alla nascita
  5. Uno studio longitudinale sui nati pretermine
  6. Conclusioni
  7. Bibliografia indicativa

Note legali

 

Abstract:

In questo breve saggio si analizzano i principi bioetici e le loro applicazioni nell’ambito delle cure alla nascita e in particolare si pongono le questioni relative all’intervento sui nati pretermine, sia come problema etico che di metodologie sanitarie. Non viene trascurato l’approccio psicologico, sociale ed economico alla nascita e alle variabili culturali e geografiche. Viene inoltre presentato uno studio sui nati pretermine che dimostra il buon esito a distanza di tempo dello sviluppo fisico e mentale dei bambini.

 

In this short essay, bioethical principles and their applications in the field of birth care are analyzed and in particular the questions relating to the intervention on preterm births are raised, both as an ethical problem and in health methodologies. The psychological, social and economic approach to birth and cultural and geographical variables is not neglected. A study on preterm births is also presented which demonstrates the successful outcome of the physical and mental development of children over time.

 

 

 

1.  Alcuni concetti di bioetica [1]

 

La bioetica sembra acquisire nuove competenze, nuovi spazi e applicazioni assieme ad una maggior diffusione internazionale dei suoi lineamenti. Può quindi risultare di qualche utilità un breve riepilogo dei principi generali stante la superficiale conoscenza della disciplina e delle sue ramificazioni a livello sociale italiano.

Sono molte le opere, di vario orientamento, riguardanti la bioetica, stampate negli ultimi anni che abbracciano innumerevoli settori di attuazione delle competenze della materia. Ricordo il volume di Maurizio Mori[2] autore che da una panoramica completa sulla riflessione bioetica attraverso una trattazione di temi d’attualità, come l’aborto, la fecondazione assistita, le cellule staminali, la clonazione, il progetto genoma, i trapianti d’organo, il consenso informato, il testamento biologico, la sospensione delle terapie, l’eutanasia, le risorse sanitarie e il diritto alla salute. Altre pubblicazioni, più vicine al tema che tratterò, come Giovanni Chimirri[3] che compie un ragionamento sui fondamenti metodologici della medicina e della psicologia, sui limiti della scienza, sulle speculazioni delle industrie farmaceutiche e una critica a ogni terapia poco umana, a ogni relazione di cura preoccupata più dagli affari che della salute e dei diritti del paziente. Cito ancora l’opera di Francisco Javier Fiz Peréz e Catia Ciancio[4], autori che forniscono le fondamenta del pensiero “Etico” e “Bioetico”, come valore aggiunto alla psicologia clinica, alla medicina e alle scienze biologiche, definendo l’approccio psicologico e delineano il ruolo che può rivestire nelle aziende sanitarie per garantire e controllare la qualità etica dell’intervento.

La linea di analisi che ritengo più interessante è però quella tracciata nei suoi scritti da Elio Sgreccia[5] fin dai primi anni ottanta del secolo scorso e poi ripresa ed attualizzata più volte.

Secondo questo autore si possono definire alcuni indirizzi della bioetica relativi “all’intervento dell’uomo sulla vita umana in campo biomedico”, e più precisamente si possono enunciare cinque gruppi di principi generali:

  1. Il principio della difesa della vita fisica;
  2. Il principio di libertà e responsabilità;
  3. Il principio di totalità o principio terapeutico;
  4. Il principio di socialità e sussidiarietà;
  5. I principi di beneficialità, di autonomia e di giustizia.

Il primo principio, quello di difesa della vita fisica, costituisce indubbiamente la salvaguardia del valore fondamentale della persona in quanto – e non solo nella concezione di unicità fra mente e corpo – la fisicità permette al soggetto di comunicare con l’ambiente, di esprimere determinati valori e di avere una dimensione spaziotemporale. Non a caso le dichiarazioni internazionali dei diritti dell’uomo pongono quali principali valori la vita umana e la sua inviolabilità, infatti così recitano “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della sua persona”[6].

Il rispetto della vita viene considerato come valore fondamentale dell’uomo verso sé e gli altri, come principio di comportamento da seguire. Ciò implica anche un rispetto della vita delle forme biologicamente inferiori al fine di mantenere l’equilibrio dell’ambiente in cui l’uomo vive, non dimenticando però che l’uomo rappresenta un livello ontologicamente superiore e che pertanto piante e animali possono essere utilizzati dall’uomo senza peraltro mettere in pericolo l’equilibrio dell’ambiente.

La difesa della salute dell’uomo si inserisce nel tema della promozione della vita umana. Il diritto alla salute è preceduto solo dal diritto alla vita in quanto, logicamente, senza vita non può esserci salute. Vari punti di dibattito si accendono attorno a temi come la qualità di vita, le lesioni indotte della salute dovute all’assunzione di sostanze stupefacenti, all’alcolismo, agli abusi farmaceutici, ai disordini sessuali e all’alimentazione inadatta. Altri temi di discussione sono la sproporzione di risorse indirizzate verso l’intervento terapeutico, vantaggioso per le società farmaceutiche, piuttosto che verso quello preventivo. Anche l’eccesso di cure disponibili per una minoranza contro la negazione delle stesse a coloro che per vari motivi risultano economicamente emarginati o indifesi.

Ci troviamo così a formulare un altro orientamento, cioè che “la salute, valore subordinato e conseguente alla vita, venga promossa in maniera commisurata alle necessità di ciascuno” (Sgreccia, 1988). Più correttamente possiamo affermare l’esistenza di un “diritto ai mezzi e alle cure indispensabili” così come si espresse l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite[7].

Altre tematiche sono divenute argomento di confronto di più marcato carattere etico ed esistenziale, piuttosto che operativo, come l’accettazione, qualora l’esistenza ci porti di fronte a determinati avvenimenti, del dolore, del sacrificio e della morte, tenendo presenti quali sono i limiti biologici della vita stessa.

Il principio di libertà e responsabilità sottende all’affermazione che “il diritto alla difesa della vita viene prima rispetto al diritto di libertà”, intendendo con questo che la libertà non è un valore a se stante, ma funzione della vita del soggetto e di quella degli altri in quanto senza di essa (di questo primo, inalienabile diritto) non vi può essere esercizio della libertà.

Innumerevoli sono le casistiche di applicazione di questi principi nel campo dell’etica medica, dell’eutanasia e delle terapie respinte con motivazioni morali o religiose. In maniera simile si pone il problema, nel rapporto medico-paziente, del consenso a determinate somministrazioni farmacologiche dagli esiti non prevedibili, ma possibili cause di menomazioni, danni permanenti o morte, vedi il caso delle terapie sperimentali, come accaduto, ad esempio, durante la cosiddetta epidemia da Covid-19 (2020-2022). Infine, tenuto conto che responsabile primo della vita e salute del paziente è il paziente stesso, vale il principio di non forzatura delle scelte di entrambi (effettuata da parte dell’altro) nella condotta delle terapie poiché “entrambi sono responsabili della vita e della salute sia come bene personale, sia come bene sociale” (Sgreccia, 1988).

Il principio di totalità o principio terapeutico è un fondamento dell’etica medica che si basa sull’unitarietà funzionale del corpo umano composto da varie parti il cui insieme dà forma all’esistenza dell’individuo. Si chiama anche principio terapeutico in quanto autorizza moralmente il medico ad asportare una parte malata del corpo per garantire la sopravvivenza, cioè la vita, dell’insieme, cioè dell’individuo. Questo principio pone alcune condizioni alla sua applicazione:

  • l’intervento deve compiersi su una parte malata per salvare l’organismo sano;
  • che sia l’unico metodo per intervenire sulla malattia;
  • che le probabilità di riuscita dell’intervento siano alte;
  • che vi sia il consenso del paziente.

Tutto ciò si collega al valore di integrità fisica, valore correlato a quello della corporeità, la cui menomazione può essere accettata solo in caso di pericolo della vita stessa.

Nell’ambito del principio di totalità sono argomento di discussione l’ampliamento della corporeità per comprendere la parte psicologica e psicosociale del soggetto e le metodologie per arrivare ad un risultato positivo nell’intervento.

Ulteriore norma applicativa di questo principio è la proporzionalità delle terapie che comporta un’attenta valutazione della proporzione fra rischi e benefici derivanti dall’applicazione di una determinata terapia per evitare sia un eccesso terapeutico in proporzione a modesti risultati ottenuti, sia all’opposto una non corretta applicazione intensiva in situazioni estreme.

Il principio di socialità e sussidiarietà deriva da una concezione sviluppata nel campo della teologia morale divenuta poi patrimonio della medicina, stante la tendenza ad una sempre più netta linea di socializzazione della materia.

Per principio di socialità si intende l’impegno del soggetto a considerare la vita, sia propria che degli altri, come un valore sociale indirizzando di conseguenza la comunità nel suo complesso verso la promozione della vita e della salute del singolo, percepiti come patrimonio di tutta la collettività.

Innumerevoli sono i casi d’applicazione di questo principio, come la donazione degli organi o, a livello dell’organizzazione sanitaria, la creazione di una struttura atta ad affrontare epidemie, l’inquinamento ambientale e tutte le situazioni che richiedono, per arrivare ad una soluzione positiva, l’impiego di professionalità e competenze diverse per ottenere il recupero della salute dell’individuo e della collettività.

Il principio di sussidiarietà entra in gioco a questo punto, in quanto la comunità deve intervenire per equilibrare la situazione economico-sociale, aiutando coloro che hanno bisogno di ingenti investimenti per l’ottenimento della salute, garantendo, nel contempo il funzionamento delle iniziative dei singoli volte al bene della collettività.

principi di beneficialità, di autonomia e di giustizia rivestono una particolare importanza nel campo biomedico. Il primo rappresenta lo scopo primario della medicina. Cioè il farsi portatrice dei valori positivi (il bene) e allontanare quelli negativi (il male) dal paziente. Si tratta di una pratica attiva, una volontà verso il bene resa concreta dall’opera fattiva del medico.

Il principio di autonomia si ispira ad una determinazione di rispetto e consenso nel rapporto medico-paziente nei riguardi dei trattamenti diagnostici e terapeutici. Infine il principio di giustizia si fa carico dell’obbligatorietà dell’uguaglianza di trattamento del paziente e di uguale utilizzo delle risorse da parte dello stato.

Scopo dei principi è quello di definire il rapporto fra medico, paziente e società, tenendo sempre presente che nella determinazione di qualsiasi modello bisogna far riferimento ai valori positivi generali per evitare di ritrovarsi prigionieri di un relativismo di valori non consono all’insieme di quelli che formano la società stessa.

 

 2.  La nascita pretermine

 

Vediamo cos’è la nascita pretermine.

L’età gestazionale (E.G.) corretta è di 40 settimane con un range di 38-42 settimane.

I bambini che nascono con età gestazionale inferiore alle 37 settimane si definiscono come pretermine. L’aumento ponderale più cospicuo avviene nelle ultime 4-5 settimane di gestazione, nelle quali il feto acquista circa 700-800 grammi di peso. Vi è una relazione evidente tra l’entità della mancanza di peso e l’abbreviazione della gravidanza. Il peso alla nascita con età gestazionale corretta si distribuisce secondo una curva con una moda di circa 3.300 grammi e una larghezza che si stende da 2.500 a 3.300 grammi.

In base al peso i nati pretermine vengono suddivisi in “small for date” (peso basso alla nascita) e di peso appropriato all’età gestazionale, a seconda che il peso sia inferiore di quello adeguato all’età gestazionale o sia conforme ad esso.

 

 3.  Considerazioni etiche sulla nascita pretermine

 

L’analisi di Kelley e Rubens (2010) offre una buona panoramica delle problematiche etiche oggi prese in considerazione nella discussione sulle nascite pretermine. È opportuno misurare l’impatto globale della nascita pretermine, infatti se non è chiaro ed esplicitato, potrebbe essere sottostimato, ed essere causa di sofferenze fisiche e psicologiche oltre ed elevati costi sociali. La nascita pretermine ha sicuramente un alto impatto a livello globale, ed è perciò opportuno discutere di alcune considerazioni etiche collegate alla ricerca, alle attitudini morali e culturali, alle decisioni legate alla procreazione e alle cure dei nati pretermine. La “buona scienza” oggi non implica solo una rigorosa applicazione del metodo scientifico, ma anche il farlo con etica, prima di tutto per informare adeguatamente la popolazione e modellare i programmi di ricerca di istituzioni e privati in modo che siano diretti ad alleviare le sofferenze e migliorare la qualità di vita in tutte le fasce di popolazione.

Innanzitutto vi sono diverse aspettative, a livello globale, sulla definizione di neonati autosufficienti e sulle relative cure. La definizione di pretermine è uniforme tra paesi a reddito alto e paesi a reddito medio e basso (un’età gestazionale minore di 37 settimane), ma le aspettative di assistenza per i neonati sono spesso diverse e relative all’adeguatezza del sistema sanitario e delle risorse economiche delle famiglie. Ad esempio, nei paesi ad alto sviluppo un neonato pretermine di 27 settimane ha una probabilità di sopravvivenza dell’80-90%, ma nei paesi a basso sviluppo, con risorse di terapia intensiva neonatale limitate, e nessuna assicurazione sanitaria pubblica o privata per le famiglie, un neonato di 27 settimane potrebbe non essere considerato un candidato per la rianimazione. Inoltre manca un chiaro consenso sulla differenza tra pretermine e estremamente pretermine e le relative tipologie di cure da adottare. Le definizioni univoche di nascita pretermine risultano necessarie per ottenere una valida epidemiologia. Anche la coerenza è eticamente significativa. La continua variabilità in ciò che comporta la definizione di un “pretermine che vale la pena salvare” rivela e rafforza preoccupanti disparità di intervento sulla salute. Quella che dovrebbe essere una decisione clinica e parentale risulta essere invece determinata dal reddito e dalla collocazione geografica.

Lo standard di intervento dovrebbe essere quello che le unità di terapia intensiva neonatale hanno reso possibile nei paesi ad alto sviluppo, cioè avere un bambino pretermine sano.

Vi sono pochi dati sulle tipologie di impatto psicologico nelle nascite pretermine dovuto alle differenze sociali, culturali ed etniche. Anche i report relativi alle morti pretermine sono legati a condizionamenti culturali e allo status socioeconomico. In alcuni paesi con alta mortalità infantile è presente una percezione di “fatalismo” che concorre alla diminuzione della registrazione delle nascite pretermine, falsandone la numerosità reale. I dati sulle nascite pretermine sono indicatori importanti della salute della donna e del bambino, così come di disuguaglianze sociali ed economiche. Bisognerebbe prestare attenzione alle componenti etiche soprattutto nello sviluppo di interventi che attenuino la numerosità delle nascite pretermine. La prevenzione richiede un’analisi delle cause sistematiche del parto pretermine, come i fattori fisici, psicologici, sociali ed economici che influenzano la salute materna e la gravidanza sana. Esistono dati emergenti su specifici nessi causali tra tipi di problematiche materne e parto pretermine, come la depressione, eventi di vita stressanti, abitudini alimentari negative, il fumo, l’alcol, l’eccesso di peso, l’età avanzata o troppo giovane della madre, i lavori pesanti, un livello elevato di ansia, l’aver già partorito pretermine o aver vissuto in precedenza gravidanze problematiche. Vi sono inoltre i problemi fisici della madre come il diabete, la pressione alta, fibromi, malformazioni all’utero o infezioni vaginali.

È altrettanto importante identificare interventi efficaci che si focalizzino sulla cura del neonato fin dal momento del parto. Esistono già interventi mirati per i neonati pretermine, ma talvolta non sono implementati dove sono più necessari, anche se sono disponibili ad un basso costo.

In generale possiamo affermare che i programmi di intervento eticamente validi migliorano i risultati sanitari e riducono le disparità sanitarie all’interno di una comunità, di una popolazione, di un paese o regione. Nella progettazione di interventi etici, secondo Kelley e Rubens (2010), dovremo tenere conto di 3 punti fondamentali:

  • equità di portata, cioè usare strategie per raggiungere i segmenti svantaggiati di una popolazione;
  • equità di copertura economica, cioè ottenere una copertura completa negli interventi in tutte le fasce della popolazione, con particolare attenzione alla fascia più povera;
  • equità di impatto, cioè dimostrare una diminuzione nell’impatto relativo del problema, attribuibile all’intervento, e utilizzare strategie per raggiungere e coprire le spese dei più poveri nella popolazione coinvolta.

Un articolo di Annas (2004) affronta un altro quesito posto dalla bioetica relativamente alle nascite pretermine. Il paziente deve avere la facoltà di scelta finale su una terapia medica. I genitori hanno la responsabilità e l’autorità di prendere decisioni mediche riguardo ai loro figli, ma queste decisioni possono essere messe in discussione quando i medici non le ritengono ragionevoli. Un dilemma bioetico molto discusso, che può essere interpretato alla luce dei principi di bioetica elencati in questo articolo, è il grado di autorità genitoriale nel rifiutare o imporre cure mediche che implicano la sopravvivenza o meno del neonato estremamente pretermine. Il quesito che si pone e chi sia il decisore per il neonato, e su quale base, quando vi è un conflitto tra i genitori e medici.

 

 4.  Le cure alla nascita

 

Le cure applicabili alla nascita presentano due aspetti. Quello propriamente biologico-organico e quello psico-relazionale. Al fine di evitare le patologie in gravidanza e quelle del neonato le cure iniziano già molto tempo prima: in alcune coppie selezionate ancor prima del concepimento (es. consiglio genetico), quindi in termini di visita clinica e utilizzazione di metodiche che permettono di valutare il benessere fetale (l’ecografia, gli esami laboratoristici) e di corsi per la preparazione al parto.

L’individuazione delle gravidanze a rischio avviene tramite i controlli della donna e del feto. Questo tipo di gravidanza può essere così indirizzata verso i centri in grado di fornire un’assistenza più sofisticata. Per garantire una corretta gestione del parto è opportuno che siano presenti un medico ostetrico, un pediatra neonatologo e un’ostetrica. Il parto infatti deve avvenire in un luogo in cui vi siano le possibilità di monitorare il benessere fetale mediante cardiotocografia[8] e di effettuare un’eventuale misurazione del Ph fetale. Al momento della nascita la situazione clinica del neonato viene valutata mediante attribuzione del punteggio di APGAR, che si compone di cinque parametri: la frequenza cardiaca, l’attività respiratoria spontanea, il tono muscolare, la reattività riflessa e il colorito della cute. Si effettua al primo e al quinto minuto di vita del neonato.

In caso di sofferenza neonatale il neonatologo deve provvedere alla rianimazione del neonato con una serie di manovre. Queste sono: somministrazione di ossigeno, stimolazione fisica, somministrazione di alcalinizzanti, intubazione tracheale con ventilazione, massaggio cardiaco, incanulamento dei vasi ombelicali[9].

Una corretta assistenza ostetrico-neonatologica è importante ai fini di ridurre la mortalità neonatale, la morbosità e le sequele neurologiche a distanza.

I neonati che alla nascita hanno presentato un’asfissia grave, quelli che sono nati pretermine e quelli di basso peso per l’età gestazionale, verranno accolti presso un centro di patologia neonatale che deve essere situato nello stesso ambito intramurale dove è avvenuto il parto, in quanto il trasferimento a distanza di neonati con patologie può aumentare la mortalità nonché il rischio di esiti negativi a distanza. I neonati senza problemi verranno accolti presso una nursery.

Al neonato bisogna assicurare un ambiente termoneutrale in quanto al neonato sono ancora immaturi i sistemi di termoregolazione, e un’alimentazione adeguata.

L’alimentazione ideale per il neonato è rappresentata dal latte materno, che resta l’alimento più adeguato ed equilibrato come composizione di elementi e che fornisce delle difese contro le infezioni. La composizione del latte è la migliore possibile: amminoacidi essenziali delle proteine, è ricco di acidi grassi insaturi, dal tipo di zucchero, per metà galattosio e per metà lattoferrina, che rappresentano importanti sostanze per l’efficienza dell’organismo, e così via. In attesa della montata lattea si ricorre al latte di altre donne o a una soluzione glucosata, mentre saranno da evitare nei primissimi giorni i latti formulati che contengono proteine del latte vaccino al fine di non esporre il neonato a un alimento potenzialmente allergizzante in un momento della vita nel quale, per le caratteristiche della mucosa intestinale, il bambino può facilmente sensibilizzarsi verso allergeni alimentari. I latti formulati verranno usati nel caso in cui dopo i primi giorni dal parto sarà evidente l’impossibilità della madre di allattare, in questo caso verrà consigliato un cosiddetto latte adattato, la cui composizione tende ad avvicinarsi il più possibile a quella del latte materno.

Il bambino sarà poi sottoposto ad un controllo clinico mentre verranno consigliati ai genitori una serie di bilanci di salute da effettuare nel corso del primo anno di vita.

Oltre l’aspetto biologico-organico descritto finora è altrettanto rilevante per la salute del neonato un’adeguata interazione madre-bambino e alcune altre modalità relazionali da seguire fin dalla nascita al fine di rendere il più possibile umanizzato l’evento parto. Sarà importante, qualora lo desideri, la presenza del padre in sala parto, e offrire il neonato alla madre immediatamente dopo il parto. Successivamente promuovere il rooming-in, dando la possibilità alla madre di tenere il neonato in camera con sé per evitare lunghe separazioni nei giorni immediatamente successivi alla nascita. Il contatto madre-bambino andrà senz’altro favorito anche nel caso dei neonati di peso molto basso, che richiedono lunghi periodi di degenza presso i centri di patologia neonatale, al fine di favorire l’attaccamento in una situazione così difficile e l’inserimento del bambino dopo la dimissione. La teoria dell’attaccamento di Bowlby è essenziale a spiegare il legame madre-bambino che si instaura dalla nascita. Secondo questa teoria il bambino nasce con una predisposizione genetica a ricevere e mantenere la vicinanza con la figura specifica che di solito coincide con la madre. Affinché si strutturi il legame è necessario che il bambino disponga di un rapporto stabile e continuativo con la figura materna. Le separazioni, specie se prolungate, gli abbandoni, esercitano conseguenze negative sul suo assetto psichico, sul suo sviluppo e innescano patologie in campo psicologico.

 

 5.  Uno studio longitudinale sui nati pretermine

 

Riporto i risultati di uno studio (Kermol, 1991) svolto sui nati pretermine presso l’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) Burlo Garofolo di Trieste, dove vengono condotte ricerche sulle cure ai bambini che nascono prematuramente, sia sotto il profilo dell’efficacia degli interventi medici sia sotto quello dell’outcome precoce e a distanza. Lo studio è stato svolto su bambini nati pretermine in età scolare, considerando soprattutto i possibili problemi di apprendimento e di insuccesso scolastico. Più del 95% delle donne residenti nella provincia di Trieste al tempo partoriva nelle strutture dello stesso ospedale infantile, così è stato possibile condurre una ricerca “area-based”. Inoltre la popolazione residente era occupata prevalentemente nel settore terziario e dei servizi, era in possesso di una buona scolarità, e dal punto di vista socio-culturale risultava alquanto omogenea, rendendo quindi la situazione ottimale per lo svolgimento di una ricerca di tipo psico-evolutivo, escludendo le caratteristiche socio-economiche delle famiglie come possibili fattori confondenti.  Gli obiettivi dello studio erano:

  • valutare lo sviluppo psico-intellettivo e le capacità di apprendimento in età scolare di un gruppo di bambini nati pretermine;
  • confrontare i risultati con un gruppo di bambini nati a termine di pari età e residenza;
  • valutare l’influenza di alcuni fattori neonatali (grado di prematurità, peso alla nascita, durata del ricovero neonatale) sullo sviluppo intellettivo del prematuro.

Gli scopi della ricerca nel campo scelto, in particolare, sono stati:

  • conoscere le dimensioni dei problemi riguardanti la salute al fine di organizzare i servizi in base alla conoscenza delle dimensioni e delle caratteristiche dei problemi stessi;
  • individuare le correlazioni fra determinati esiti e i fattori che favoriscono l’insorgenza ai fini di poter intervenire per eliminare i fattori correlati ad un esito negativo;
  • valutare l’efficacia di un intervento programmato ai fini di individuare gli interventi “migliori” per ottenere il risultato voluto.

I bambini del presente studio sono stati esaminati a 8 anni di vita, mentre frequentavano la terza elementare, per verificare l’esistenza di problemi scolastici indipendenti. Si voleva che avessero già superato il periodo di adattamento a scuola. Il campione studiato era composto da 48 bambini nati con età gestazionale pari o inferiore a 35 settimane. A sua volta il campione era stato suddiviso in due sottoclassi, in base al peso alla nascita (superiore o inferiore ai 1500 grammi), all’età gestazionale (superiore o uguale a 34 settimane o inferiore o uguale a 33 settimane) e all’appropriatezza del peso alla nascita per l’età gestazionale (superiore o inferiore al decimo percentile). Su ogni bambino era stato effettuato un esame psicometrico che comprende il test WISC-R per ottenere una valutazione di Q.I., alcune prove indicative del rendimento scolastico in rapporto alle Learning Disabilities per mezzo delle prove di Levi e delle Prove di lettura MT e infine alcuni items tratti dalla “Griglia per l’esplorazione delle abilità di base” di Soresi-Tampieri-Czerwinsky. Sono stati eseguiti anche alcuni esami indicanti l’emisfero cerebrale dominante. Il gruppo di controllo era composto da 158 bambini della stessa età, senza considerare le caratteristiche dei soggetti alla nascita. Erano stati esaminati in una ricerca parallela condotta presso la stessa struttura sanitaria da Mammano et al. (1987).

Nel gruppo di nati pretermine 6 soggetti avevano un valore alla nascita inferiore a 1500 grammi (peso alla nascita molto basso), 11 neonati risultavano di peso basso per l’età gestazionale, cioè con un valore inferiore al decimo centile rispetto alle settimane di età gestazionale e al sesso, 15 neonati risultavano di età gestazionale inferiore a 33 settimane, 33 casi invece di età inferiore a 34/35 settimane. La casistica era esente da gravi patologie neonatali. I punteggi APGAR erano normalizzati entro cinque minuti dalla nascita; l’asfissia neonatale importante ha riguardato un solo caso. Nessun bambino ha avuto problemi neurologici o malformazioni.

La casistica studiata presentava una notevole omogeneità dal punto di vista socioculturale ed era caratterizzata dall’assenza di importanti patologie del periodo neonatale, permettendo alla ricerca di affrontare l’unica influenza della prematurità sullo sviluppo intellettivo e sul vivere quotidiano di questi bambini. Dall’analisi dei dati del questionario e dei punteggi dei singoli test emerse che gli ex-pretermine avevano un vissuto quotidiano e uno sviluppo intellettivo sovrapponibile a quello della popolazione generale. Suddividendo la casistica in base all’età gestazionale, al peso, e al rapporto età gestazionale/peso, non sono emerse differenze significative anche se i bambini con peso molto basso alla nascita o con ritardo di crescita in utero presentavano valori più bassi ai test. Si ipotizzò, pur con le limitazioni derivanti dal numero dei casi studiati, che uno sfavorevole outcome intellettivo, segnalato in letteratura, fosse da imputare più che alla nascita pretermine in sé alle patologie neonatali tipiche di questi bambini (insufficienza respiratoria, emorragia cerebrale, etc). qualora presenti. Questo anche in virtù del fatto che il gruppo con peso appropriato all’età gestazionale, seppure pretermine, ha dato a 8 anni dalla nascita un punteggio alla scala WISC-R punteggi medio superiori, superiori ed eccellenti migliori del campione di controllo dei nati a termine.

Questo risultato indicava lo scarso fondamento della cosiddetta “sindrome del prematuro”, che sembrava diffondersi, immotivatamente, sia in ambito medico che psicologico come causa spesso di tutte le possibili patologie, disturbi e difficoltà evolutive, anche quando la prematurità si contava in pochi giorni rispetto alla nascita a termine. I problemi ascritti riguardavano la valutazione della presenza o meno di tre gruppi di disturbi: disturbi dello sviluppo (linguaggio e forme posturo-motorie), disturbi ad espressione funzionale (anoressia, spasmo del singhiozzo, insonnia), disturbi della motricità. Ricordiamo come spesso vengono individuati, attraverso studi e diagnosi superficiali, raggruppamenti di sintomi poi dimostratisi dovuti ad altre cause, come nel caso delle Learning Disabilities, delle patologie dello spettro autistico e dell’ADHD che forniscono sovente un alibi per la mancanza di approfondimento diagnostico.

 

 6.  Conclusioni

La bioetica costituisce un elemento formidabile nella definizione delle modalità di intervento nella nascita e nelle cure al neonato.

Attualmente i tassi di mortalità infantile in Italia sono estremamente bassi, i dati Istat indicano il 2,75 per 1.000. La mortalità neonatale, cioè nei primi 28 giorni di vita, rappresenta il 70% della mortalità infantile. Tuttavia abbiamo una differenza geografica, infatti nel Sud e nelle Isole i tassi di mortalità sono più elevati rispetto al Centro e al Nord, quasi del 47%.

Ogni anno in Italia abbiamo fra i 30 e 40.000 nati pretermine (15 milioni sulla Terra). Rappresentano fra il 6,7 e il 10% del totale, con una costante crescita a causa dell’aumento delle gravidanze a rischio.

Se confrontiamo i dati dagli anni quaranta in poi osserviamo i vantaggi dell’applicazione di terapie più efficaci che consentono una sopravvivenza sempre più alta ai neonati prematuri e soprattutto a quelli con peso molto basso alla nascita (Peso ≤ 1500 grammi) e con peso estremamente basso (Peso ≤ 1000 grammi).

La percentuale di sopravvivenza nei pretermine di peso inferiore a 1.500 grammi è passata così dal 25% degli anni ’60 a quasi il 90% attuale, quella dei neonati di peso inferiore ai 1000 grammi è passata dal 10% al 70%, in particolare il 40% dei nati di 500-700 grammi e l’80% di quelli che pesano più di 700 grammi.

Ma se le procedure tecniche sembrano migliorare l’approccio ai bambini nati pretermine nuovi dilemmi etici si affacciamo prepotentemente alla ribalta. La povertà assoluta in Italia ha interessato più di un milione di bambini ed è sempre più frequente nel Mezzogiorno e nelle famiglie numerose. I costi degli interventi sono in rapida crescita, per garantirne la sopravvivenza e ridurre le patologie e le disabilità dei neonati altamente pretermine i costi oscillano tra i 100 e i 300 mila euro a seconda della patologia, a cui si sommano quelli per le eventuali complicanze a distanza. Ne consegue che larghe fasce di popolazione saranno escluse dall’intervento socio-sanitario.

Un altro problema etico è quello dell’interruzione di gravidanza, se possiamo far sopravvivere il neonato di 485 grammi il non intervento sul feto di pari peso rientra nel novero dei reati penalmente perseguibili. Possiamo individuare innumerevoli altri dilemmi attorno alla nascita pretermine, tutti di complessa risoluzione se non applicando i principi generali della bioetica.

 

 Bibliografia indicativa

 

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[1] Si ringrazia per la collaborazione nella ricerca dei materiali la dott.ssa Valentina Petrucci.

[2] MORI M., Manuale di bioetica. Verso una civiltà biomedica secolarizzata, Le Lettere, 2013.

[3] CHIMIRRI G., Bioetica della medicina e psicologia della cura : scientismo, interdisciplinarietà, umanizzazione della salute, denaro, antropologia, deontologia, If Press, 2019.

[4] FIZ PERÉZ F. J. e CIANCIO C., Psicologia e Bioetica, Persiani Editore, 2011.

[5] SGRECCIA E., La bioetica. Fondamenti e contenutiMedicina e morale, 1984, 3, pp. 285-305.

SGRECCIA E., Bioetica. Manuale per medici e biologi, Editrice Vita e Pensiero, Milano 1986.

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SGRECCIA E., La bioetica nel quotidiano, Editrice Vita e Pensiero, Milano 2006.

[6] Art. 3 della Dichiarazione universale dei diritti umani approvata in data 10 dicembre 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Dello stesso tenore la Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali del Consiglio d’Europa, approvata a Roma il 4 novembre 1950 e le successive modifiche, fino alla versione del 1 agosto 2021.

[7] Art. 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948:  Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione,al vestiario, all’abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; e ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità,vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.

[8] La cardiotocografia è la metodica di sorveglianza delle condizioni fetali ed avviene attraverso la registrazione continua della frequenza cardiaca fetale (FCF – cardiografia) e delle contrazioni uterine (tocografia).

[9] Il cateterismo ombelicale è la canalizzazione dei vasi del cordone ombelicale come accesso al flusso vascolare del neonato. Si tratta di una pratica comune nelle unità di terapia intensiva neonatale. Viene anche sostituita da procedure meno invasive come l’uso di cateteri centrali inseriti perifericamente.

 

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Note legali

 

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