TO STALK: the crime of stalking. Legal and criminological profiles of the phenomenon.

 

di Barbara Palleschi [*]

di Tommaso Spasari, M.D., Ph.D., Esq., SSPL. [†]

 

Sommario

I principali referenti normativi applicabili alla fattispecie:

Abstract

1.     Lo stalking nella Giurisprudenza italiana

2.     Accertamento della vittima del reato

3.     Gli atti persecutori alla luce del recente orientamento interpretativo invalso nella Suprema Corte

4.     Profili di legittimità costituzionale: il delitto di atti persecutori dopo il vaglio della Consulta

5.     Riavvicinamento della vittima al suo persecutore

6.     Le diverse tipologie di stalker come prima forma di tutela verso la vittima

Conclusioni

Bibliografia

Sitografia

Contributi degli Autori e note legali

Per favore citate questo articolo nel seguente modo:

Palleschi B., Spasari, T. “TO STALK: il delitto dello stalking. Profili giuridici e criminologici del fenomeno”. Medicina e Scienze Umane, 2021, no. 1. https://www.medicinaescienzeumane.com/

 

oppure

 

Please cite this article as:

Palleschi B., Spasari, T. TO STALK: the crime of stalking. Legal and criminological profiles of the phenomenonMedicina e Scienze Umane, 2021(1). https://www.medicinaescienzeumane.com/

 

I principali referenti normativi applicabili alla fattispecie:

The applicable State law:

 

C.P. Art. 612-bis. Atti persecutori.

 

Abstract

 

This article will outline the crime of stalking in its nature and will analyze the legal frontiers suitable for dealing with it.

The term “stalking” is of Anglo-Saxon origin and derives from the verb “to stalk” which means to hunt, stalk, persecute, follow, and has been adopted by legal language to define a series of conducts, perpetrated by a subject, ranging from intrusion, surveillance, control of the life of others, and often, can also lead to forms of violence against the victim.

In many countries, stalking has been recognized as a real crime since the 90s, while in Italy the regulatory references for “persecutory acts” were introduced only in 2009, with art. 7 of Legislative Decree 11/2009, later converted with Law 38/2009.

The crime of stalking is distinguished from the crime of mistreatment in the family because it is carried out through conducts that do not necessarily include physical mistreatment or personal injury.

Currently in Italy, with reference to this crime, women are more exposed than men, with a percentage of about 80%, and with an incidence of convicted people above 90%. On the other hand, as regards the prosecution of this offense, there was a significant increase in convictions.

 

Parole chiave:

  • Delitto di atti persecutori; stalker; art. 612-bis; sentenza n.172, 2014, C. cost.

 

1.    Lo stalking nella Giurisprudenza italiana

 

L’art. 612-bis c.p. incrimina il fatto di colui che:

 

“ […] con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura  ovvero  da  ingenerare  un  fondato  timore  per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione  affettiva  ovvero  da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita […]”[1].

 

L’estratto della sopra riportata normativa delinea in lungo e in largo il fenomeno dello stalking come “delitto di atti persecutori”, ovvero un vero e proprio reato abituale composto da una serie di condotte plurime perpetrate nel corso del tempo, in differenti contesti, sottoforma di minacce e/o di molestie, tali da intaccare il normale equilibrio psico-fisico dell’individuo a breve, a medio ed a lungo termine attraverso: un perdurante e grave stato di ansia o di paura, il timore per la propria e l’altrui l’incolumità e la trasformazione delle abitudini di vita. Di questi tre elementi la Cassazione riconosce il primo e il terzo come “eventi di danno” ed il secondo come un “evento di pericolo”.

 

Proprio per la reiterazione di queste condotte, il reato dello stalking non può essere configurato come tale in presenza di una ed unica condotta di molestie e/o di minaccia, anche se gravi, ma è necessario che le singole condotte siano ripetute in un arco temporale molto ristretto. Inoltre, l’aggravante di tali comportamenti da parte del reo si ha quando esso realizza nei confronti della vittima, con la quale in passato aveva intrattenuto una relazione sentimentale, ripetuti atti persecutori e ossessivi quali:

  • seguirla in luoghi pubblici e/o avvicinarla;
  • sorvegliarla;
  • farsi notare, anche se occasionalmente, nei luoghi di abituale frequentazione di quest’ultima, indipendentemente dal fatto che essa sia presente;
  • inviarle dei messaggi dal contenuto offensivo, diffamatorio o, addirittura, minatorio che può anche rivolgersi ad una pluralità di destinatari legati ad essa da un rapporto di vicinanza come amici e/o congiunti.

 

In relazione a quest’ultimo punto, la Corte di Cassazione ha chiarito in merito che, il contenuto dei vari messaggi, indipendentemente dal limitato arco temporale in cui questi sono stati inviati, assume una rilevanza penale per l’intensità del loro contenuto idoneo a cagionare nella vittima uno dei tre eventi previsti dalla norma incriminatrice[2].

 

Sarà poi compito delle varie parti, durante il processo penale, di valutare le condotte plurime poste in essere ai fini dell’integrazione del reato.

 

 

2.    Accertamento della vittima del reato

 

“ […] accertati attraverso un’accurata osservazione di segni e indizi comportamentali, desumibili dal confronto tra la situazione pregressa e quella conseguente alle condotte dell’agente, che denotino un’apprezzabile destabilizzazione della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima”[3],

 

sia i giudici che gli avvocati di entrambe le parti possono e, soprattutto, devono accertare la veridicità oppure la non veridicità del reato attraverso “la dimostrazione del nesso causale tra la condotta posta in essere dall’agente e i turbamenti derivati alla vita privata della vittima” non ritenendo pertanto che sia necessario l’accertamento di uno stato patologico, così come stabilito dalla Corte Costituzionale nel 2014 con la sentenza n. 172.

 

Tale accertamento deve essere fatto allo scopo di sollevare una qualsivoglia perplessità e di accertare la sussistenza del fatto, nonché la gravità e la pericolosità del reato nel corso del tempo. Per questo, la Corte sollecita i legali di accertare gli stati emotivi della parte lesa poiché il rischio di incorrere a false dichiarazioni da parte di quest’ultima è molto grande.

 

Secondo i dati raccolti dall’Istat (Istituto Nazionale di Statistica), le donne che nel 2020 hanno denunciato il reato di stalking, di esse:

  • il 34,1% ha paura per la propria incolumità;
  • il 23,6% prova un forte stato di soggezione;
  • il 19,06% prova un forte e perdurante stato di ansia;
  • il 4,7% ha timore per l’incolumità dei propri cari;
  • il 4,4% ha paura della morte;
  • il 7%, pur sentendosi molestata, non teme un pericolo imminente[4].

 

3.    Gli atti persecutori alla luce del recente orientamento interpretativo invalso nella Suprema Corte

 

Il delitto di atti persecutori di cui all’art. 612 bis[5],è stato collocato de jure condito dal legislatore tramite la c.d. tecnica dell’aggiunzione normativa fra i delitti contro la libertà morale[6]. In via preliminare, va precisato che è un reato comune ovverosia può essere perpetrato da chiunque, nei confronti di qualunque altra persona a prescindere dal genere e dall’età perciò la vittima è fungibile.

Nondimeno, in dottrina[7] ci sono state perplessità sulla qualificazione giuridica di taluni atti vessatori posti in essere dal reo in quanto alcune singole condotte potrebbero essere penalmente irrilevanti e non punibili autonomamente, ma la giurisprudenza[8] ha chiarito che vanno valutate nella loro articolazione complessiva divenendo rilevanti ai fini dell’integrazione del reato, viceversa alcune condotte potrebbero essere previste e punite da altre norme penali si pensi ad esempio alle minacce, al danneggiamento, ecc.

Infatti, la norma de qua inizia con la locuzione: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato…» e questo in termini giuridici è una clausola di esclusione del concorso che fa un rinvio al c.d. principio di consunzione tra norme penali[9] quando esse tutelano un medesimo bene giuridico – perciò si verifica l’assorbimento del reato minore in quello maggiore – sicché qualora il reo avesse commesso un più grave reato sarà applicata la norma penale più severa inerente a quest’ultimo, tuttavia un indirizzo minoritario[10] non ha escluso in talune circostanze un potenziale concorso di reati[11].

In ambito socio-criminologico l’elemento specializzante della condotta antigiuridica è contraddistinto dall’unilateralità dell’approccio relazionale dello stalker col soggetto passivo (la vittima), molte volte quest’ultima è una donna che ha avuto una qualche pregressa correlazione – anche di natura non sentimentale – col reo e che diviene bersaglio di una sistematica ripetizione di comportamenti intrusivi e assillanti[12]. Inoltre è stato qualificato dai Giudici di legittimità come reato abituale[13] a struttura causale in quanto la reiterazione delle condotte costituisce un elemento essenziale previsto dalla fattispecie incriminatrice[14].

A tal proposito, è stato precisato dalla Suprema Corte[15] che possano integrare la fattispecie delittuosa de qua anche condotte reiterate in un arco di tempo molto ridotto anche di una sola giornata, purché si tratti di atti autonomi e tipizzati dalla norma penale. Comunque, a prescindere dal tempus commissi delicti, è sempre necessario ai fini del perfezionamento del reato accertare l’effettiva sussistenza del nesso di causalità materiale tra le condotte vessatorie reiterate e gli eventi tipici previsti dalla fattispecie incriminatrice astratta.

Per questi motivi, la Corte di Cassazione[16] ha ritenuto inapplicabile al delitto de quo la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, dato che la reiterazione della condotta tipica integra necessariamente la fattispecie incriminatrice medesima.

Difatti, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che per il perfezionamento del reato sia sufficiente porre in essere soltanto due condotte di minaccia o di molestia[17], perciò la Suprema Corte ha sottolineato che il delitto di atti persecutori «è un reato che prevede eventi alternativi, ma anche progressivamente declinati, laddove allo stato d’ansia e di paura – ex se sufficiente all’integrazione del reato – consegua il mutamento delle abitudini di vita» [18].

Sebbene in quest’ultimo caso in varie pronunce[19] la Corte di Cassazione si è soffermata sulle conseguenze emotive della costrizione sulle abitudini di vita subite dalla persona offesa dal reato.

Pertanto, non si tratta di un reato di pura condotta[20], dato che per la sussistenza del delitto de quo è necessaria la produzione di un evento di danno – che costituirebbe una condizione obiettiva di punibilità[21] – oppure di pericolo[22] contro il bene giuridico protetto, ravvisabile nella libertà morale della vittima del comportamento persecutorio.

Vale la pena di soffermarsi su brevi cenni di diritto penale comparato, raffrontando la fattispecie incriminatrice codificata nel Codice Penale italiano con quelle omologhe dell’Europa continentale. Infatti, in Germania il Nachstellung (lett. atto di persecuzione o caccia) di cui al paragrafo 238 StGB dopo il 2017 è stato trasformato da reato di evento in reato di pericolo ed anche qui viene sanzionato il pregiudizio arrecato allo stile di vita c.d. Lebensgestaltung

Invece in Austria il delitto di beharrliche Verfolgung (lett. inseguimento persistente) – previsto e punito dal paragrafo 107a ÖStGB – è qualificato come reato di pericolo ed anche qui ci si è soffermati sul detrimento cagionato al modo di vivere c.d. Lebensführung.

Viceversa, nell’ordinamento giuridico spagnolo la fattispecie viene qualificata come reato di evento e consiste in una grave pregiudizio alla vita quotidiana, infatti l’art. 172-ter del codice penale iberico definisce l’eventus damni come: «altere gravemente el desarrollo de su vida cotidiana» ovverosia alterare seriamente lo svolgimento della vita quotidiana della vittima.

Tuttavia, nel nostro ordinamento giuridico parte della dottrina[23] ritiene che la finalità della norma sia salvaguardare l’integrità psichica e l’equilibrio psicologico della persona perseguitata dagli atti intrusivi del reo che inducono uno stato d’ansia e di timore, causando uno stravolgimento delle abitudini di vita della vittima, nonché ponendone talvolta in pericolo l’incolumità personale o quella dei prossimi congiunti.

Perciò, la recente giurisprudenza[24] di alcune sezioni del Supremo Collegio ha tracciato una linea di displuvio qualificando giuridicamente i tre eventi alternativi come eventi di danno «il grave e perdurante stato di ansia o di paura nella vittima» e «l’alterazione delle abitudini di vita», viceversa ascrivendo nel novero degli eventi di pericolo «il fondato timore per l’incolumità propria, di un prossimo congiunto o di persona legata alla vittima da una relazione affettiva».

Tra l’altro la dottrina si è soffermata su questi requisiti[25] e sul quid proprii della condotta antigiuridica che deve comunque consistere in minacce e/o molestie[26]. Ma va, altresì, precisato che nell’accezione giuridica del termine la minaccia consiste nella prospettazione di un male futuro e prossimo, la cui verificazione dipende dalla volontà dell’agente[27].

Invece, per molestia va intesa ogni attività che induca una reformatio in peius dell’equilibrio psico-fisico normale di un individuo ovverosia che lo peggiori in modo doloroso o fastidioso[28]. Nondimeno, parte della dottrina ha posto anche l’accento sulla soglia d’impressionabilità maggiore a livello psicologico della persona offesa e che potrebbe essere eventualmente nota al reo.

Alla luce di quanto sopra prospettato, ai fini della realizzazione dell’elemento materiale del delitto di atti persecutori di cui all’art. 612-bis possono integrare la fattispecie anche gli atti vandalici[29] e gli atti di bullismo contro la vittima[30], ma anche il ripetuto invio di sms o e-mail, la reiterata pubblicazione di messaggi o di filmati denigratori postati sui social network purché i dati diffusi su internet siano particolarmente dannosi e causino grave inquietudine alla persona perseguitata[31], ma in passato è stato finanche ascritto il caricamento in rete di filmati sessualmente espliciti per vendetta[32] c.d. revenge porn.

A mio avviso, però, nei casi summenzionati l’attività vessatoria e persecutoria posta in essere dal reo deve collocarsi nell’ambito di una strategia complessiva indirizzata a cagionare un detrimento psico–fisico alla vittima, pregiudicandone l’immagine e finanche la sfera dell’esplicazione della personalità [33].

 

4.    Profili di legittimità costituzionale: il delitto di atti persecutori dopo il vaglio della Consulta

 

La particolare struttura della fattispecie incriminatrice astratta ha destato inizialmente alcuni dubbi di costituzionalità per l’ipotizzato contrasto con i princìpi di precisione, di determinatezza e di tassatività enunciati dal 2° comma dell’art. 25 della Costituzione[34], ma i termini ed i motivi della questione di legittimità costituzionale prospettati dal Giudice a quo nell’ordinanza di rimessione non hanno trovato accoglimento da parte della Consulta[35], suscitando però molte perplessità a livello dottrinale[36].

Sulla scorta di quanto sopra prospettato, è opportuno sottolineare che nel nostro ordinamento giuridico il principio di precisione[37] implica l’obbligo per il legislatore di definire nettamente i contorni delle norme penali e delineare chiaramente le corrispondenti sanzioni, ma costituisce anche il corollario del principio di determinatezza che sancisce l’obbligo di provare ed acclarare la colpevolezza del reo dinanzi all’Autorità giudiziaria e, infine, sussiste il principio di tassatività che vieta al Tribunale di effettuare l’analogia legis in malam partem.

Difatti, è stato osservato da parte della dottrina che il legislatore non ha tipizzato nella fattispecie incriminatrice astratta il numero di reiterazioni delle condotte antigiuridiche del reo nei confronti della vittima. Inoltre, altri hanno affermato che sarebbe stata creata ope legis una c.d. clausola vuota sul modello delle clausole generali che il Giudice penale avrebbe potuto riempire discrezionalmente di volta in volta, dando in tal guisa un contenuto a nozioni evanescenti ed indeterminate come la «relazione affettiva» o «l’alterazione delle abitudini di vita» in assenza di precisi criteri di valutazione prestabiliti, con una procedura che in quest’ultimo caso ricalcherebbe sostanzialmente il percorso concettuale dell’istituto privatistico di elaborazione dottrinale del danno esistenziale.

A questo riguardo il Supremo Collegio[38] ha precisato che nel concetto di «relazione affettiva» rientrerebbe pure il legame connotato da un reciproco rapporto di fiducia, tale da ingenerare nella vittima aspettative di tutela e di protezione, sebbene anche questo concetto sembra possedere una vasta latitudine della sua accezione semantica.

Per superare le eccezioni ex adverso dedotte sull’eccessiva discrezionalità conferita al giudicante nell’acclarare il turbamento psicologico e gli stati emotivi della vittima, il Giudice delle leggi ha valorizzato il ruolo del «diritto vivente» nel valutare l’idoneità della condotta posta in essere dal reo a determinare l’evento, ciò anche al fine di accertare l’esistenza dell’evento medesimo perfino in riferimento alle condizioni soggettive di fragilità della vittima che, qualora fossero note allo stalker, rientrerebbero nell’oggetto del dolo.

Giova precisare a tal proposito che la Corte Costituzionale spesso si trova ad affrontare questioni esegetiche complesse nell’ambito di una legislazione volutamente anfibologica, perciò vanno bilanciati diritti ed interessi contrapposti per compiere l’interpretazione costituzionalmente orientata del dettato normativo.

Pertanto, in questo caso – alla luce delle opposte esigenze di tutela dei diritti del reo e della vittima – la corretta chiave di lettura della ratio decidendi della Consulta può essere reperita in un illuminante e condivisibile brano del Prof. Giovanni D’Alessandro, che con il suo consueto pragmatismo giuridico, ha giustamente osservato che queste scelte «si trovano al crocevia tra coraggio dell’affermazione delle esigenze della giustizia costituzionale, divenuta sempre più istanza di tutela effettiva dei diritti fondamentali contro gli eccessi o le omissioni della legislazione, e temperanza della ragion pratica nel rinvenire una soluzione concreta, plausibile ma non universalizzabile» [39].

Peraltro, vi è stato un dibattito in giurisprudenza sulle problematiche di diritto intertemporale e più precisamente sull’applicabilità del delitto di atti persecutori ratione temporis, specificamente in riferimento alla compatibilità con il principio di irretroattività della norma penale.

Al riguardo, la dottrina[40] e la giurisprudenza[41] hanno precisato che il delitto di atti persecutori sussisterebbe anche qualora la condotta persecutoria fosse già incominciata prima dell’entrata in vigore del D.L. 23.2.2009, n. 11, convertito dalla L. 23.4.2009, n. 38, purché gli atti di aggressione intrusivi e assillanti contro la vittima siano stati comunque reiterati anche dopo l’introduzione della fattispecie incriminatrice nell’ordinamento giuridico[42].

D’altro canto il Supremo Collegio[43], in riferimento al termine di prescrizione del delitto de quo, ha ribadito che quest’ultimo inizia a decorrere da quando il reo ha posto in essere l’ultimo atto antigiuridico (rectius: le condotte vessatorie e persecutorie) dato che in quel momento verrebbe a cessare l’abitualità del reato.

Per altro verso, il fondato timore di parte della dottrina va ravvisato nell’eccessiva espansione della portata applicativa della norma incriminatrice che si verificherebbe inserendo impropriamente fatti marginali o atipici, che esorbitano dalla figura dello stalking cosi come tipizzato dalla letteratura scientifica e criminologica[44].

Infatti, secondo Harald Ege un altro elemento costante dello stalking è il c.d. «dislivello tra gli antagonisti»[45] ovverosia la persona offesa si trova costantemente in una posizione di inferiorità rispetto al soggetto attivo del reato (lo stalker).

Tuttavia, per prevalente giurisprudenza di legittimità, il delitto di atti persecutori sussisterebbe comunque anche se fra le condotte vessatorie ed antigiuridiche poste in essere dal reo ci siano stati degli intervalli nei quali ci sia stata una fase di reviviscenza della relazione sentimentale[46] – anche ambigua e burrascosa – tra quest’ultimo e la persona offesa[47] in quanto ciò non interromperebbe l’abitualità del reato né invaliderebbe la persistenza dei comportamenti persecutori, ma soltanto se permane uno stato progressivo di disagio che degenera nella prostrazione psicologica della vittima.

 

5.    Riavvicinamento della vittima al suo persecutore

 

Anche a seguito della denuncia da parte della vittima può succedere che tra questa è lo/la stalker ci possa essere un “temporaneo ed episodico riavvicinamento”. Tale riavvicinamento non interrompe la continuità né del reato e né tantomeno delle condotte, in quanto sussiste “l’oggettiva e complessiva idoneità della condotta a generare nella vittima un progressivo accumulo di disagio che, a sua volta, degenera in uno stato di prostrazione psicologica” e che “all’interno del periodo di vessazione la persona offesa abbia vissuto momenti transitori di attenuazione del malessere, in cui ha ripristinato il dialogo con il persecutore”[48].

 

La Cassazione in merito a questo afferma che una simile condotta non porti né al sospetto di falsa testimonianza da parte della vittima e né a termine il reato perpetrato nei confronti di questa. Ma perché la vittima, soprattutto se donna, si riavvicina al proprio persecutore? Perché lo vede come fragile, come bisognoso d’aiuto e di comprensione; per questo si ritrova l’unica persona in grado di consolarlo.

 

Molto spesso, gli stalker sono adulti in cui la propria infanzia è stata costellata da piccoli e/o da grandi traumi oppure dalla mancanza emotiva della figura materna che viene “compensata” in questo caso con la donna. Qualora questa provi a ribellarsi ad un comportamento errato oppure voglia separarsi, fa sì che si inneschi in lui ancora una volta un meccanismo sia di sofferenza che di paura, o meglio, di terrore dell’abbandono che fa male, e proprio perché doloroso deve essere in qualche modo ricolmato di nuovo.

 

 

6.    Le diverse tipologie di stalker come prima forma di tutela verso la vittima

 

La tutela verso la vittima di stalking è il primo passo che ciascuna figura professionale, psico-pedagogica o giuridica che sia, muove in presenza del reato. Ma in che modo progettare un intervento individualizzato di tutela ed a sostegno di ogni singola persona-vittima?

Generalmente si inizia con l’analizzare in lungo e in largo la figura dello stalker, cercando di indagare quali sono state e quali sono le motivazioni che inducono questo soggetto, all’apparenza normale, a perpetrare delle condotte persecutorie.

 

Negli anni molti autori si sono occupati dell’analisi della figura dello stalker, ma fino ad oggi, in letteratura, possiamo distinguerne ben 5 tipologie:

  1. il rifiutato: è la forma di stalking più diffusa che si sviluppa a causa della rottura di una relazione affettiva tra stalker e vittima. Tale relazione può riguardare sia il semplice rapporto tra partner che non, uno tra i tanti è quello paziente/medico. Gli stalker, in questo caso, reagiscono alla conclusione non desiderata del rapporto oppure al rifiuto del recupero della relazione perseguendo dei fini o di vendetta o di riappacificazione verso la vittima, in quanto concepiscono la rottura sia come un’offesa e sia come una perdita insostituibile che non può essere ricolmata da una figura diversa. Tale perdita a sua volta genererà soltanto frustrazione e disperazione per non essere riusciti a recuperare il rapporto con l’altra persona.
  2. Il risentito o rancoroso: è il profilo dello stalker più studiato e più documentato in letteratura. Costui è mosso da un desiderio di “ripicca” all’interno di un contesto sociale dove sente di aver ricevuto un’offesa e/o un danno da parte della vittima. In questo caso, lo stalking viene perpetrato, nella maggior parte delle volte, all’interno dell’ambiente di lavoro come un vero e proprio piano punitivo, producendo nella vittima delle sensazioni di paura e/o di apprensione partendo dal rovinandone l’immagine oppure oggetti di sua proprietà fino a compiere delle violenze fisiche.
  3. Il cercatore di intimità/bisognoso d’affetto: è colui che soffre di solitudine e cerca di uscire da questo stato creando in maniera del tutto fantasiosa una relazione con un partner, che può essere un semplice conoscente oppure una persona a lui completamente sconosciuta. Nell’idealizzazione di questa relazione non tiene però conto del rifiuto della vittima, e nel momento in cui questo si presenta, lo stalker, continuerà a perseguire ugualmente il suo scopo, pensando che questa, invece, ricambi i suoi sentimenti ma che, in quel momento, abbia soltanto un blocco emotivo.

Questa particolare forma di stalking viene perpetrata, in larga parte, dalle donne, in particolar modo da coloro che sono affette da disturbi di personalità o da deficit affettivi, tali da indurle a fraintendere degli atteggiamenti empatici con interessi sessuali.

  1. Il corteggiatore incompetente: è un soggetto che utilizza come approccio alla vittima un normale rituale di corteggiamento che, però, pian piano può risultare fuori luogo. All’inizio questo tenderà ad essere un po’ troppo impulsivo e assillante[49] ma, nel corso del tempo, ridurrà i suoi atteggiamenti persecutori in assenza di reciprocità da parte della vittima.
  2. Il predatore: è la tipologia di stalker più pericolosa. Il suo scopo primario è l’appagamento sessuale con la vittima prescelta. Prova piacere sia nel preparare l’aggressione nei minimi dettagli, senza lasciare trapelare nulla alla vittima, e sia nell’osservare questa di nascosto, come pedinarla e/o spaventarla. Il modo di far sentire la vittima in pericolo genera in lui eccitazione.

Nella maggior parte dei casi, lo stalker “predatore” è una persona affetta da disturbi psicopatologici che interessano la sfera sessuale[50].

 

Questa classificazione, oltre a fornire un importante contributo per arginare il reato di stalking prima che sfoci in qualcosa di ben più grave ed impedire, così, allo stalker di perpetrare i suoi comportamenti anche nei confronti di altre persone, può condurre i professionisti del settore (pedagogisti psicologi, giuristi ecc.) alla tutela della vittima.

Sulla base poi della tipologia di figura dello stalker designata e dalla testimonianza della vittima, qualora il fenomeno si stato denunciato, si progetterà un intervento socio-psico-educativo a tutela di ambo le parti.

Conclusioni

 

Secondo i dati forniti dal Ministero dell’Interno, ogni anno, sul suolo italiano, sono circa 10.000 le donne che sporgono denuncia per stalking. La maggior parte delle denunce avviene soprattutto attraverso il 1522, ossia un numero telefonico usufruibile 24 ore su 24 messo a disposizione dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, come uno strumento attraverso cui rivolgersi alle autorità competenti per denunciare ciò che si sta subendo.

 

È molto importante, sebbene in questi momenti non sia affatto facile, parlarne. Assolutamente necessario è che la vittima racconti in modo chiaro e trasparente ciò che sta succedendo. Questo deve essere fatto non solo verso le autorità competenti ma anche e soprattutto verso le persone più vicine, come per esempio i genitori o un’amica, in modo tale che ciascuna di queste, nel proprio piccolo, siano in grado di comprendere e di supportare costei a dovere.

 

Inoltre, la vittima non deve mai e poi mai sentirsi in colpa. Purtroppo, al giorno d’oggi, ancora perdura una mentalità arcaica, che minimizza gli atteggiamenti “predatori” dell’uomo come se fossero le donne a provocarli o a fraintenderne il/i comportamento/i, restando, delle volte, inascoltate.

 

Invece è tutt’altro.

 

 

Bibliografia

 

  • Acquadro Maran D., Varetto A., Zedda M., Franscini M., Health Care Professionals as Victims of Stalking: Characteristics of the Stalking Campaign, Consequences, and Motivation in Italy, in PubMed, September 2017, 32(17):2605-2625;
  • Art. 612-bis c.p.;
  • Cassazione penale, sez. V, sentenza 02/01/2019 n° 61;
  • Corte Costituzionale, sentenza n.172, 2014;
  • Fenzio F., Manuale di consulenza pedagogica in ambito familiare, giuridico e scolastico, 4 ottobre 2019, terza edizione, Youcanprint;
  • D’Alessandro Giovanni – Di Giovine Ombretta (a cura di), La Corte costituzionale e il fine vita. Un confronto interdisciplinare sul caso Cappato-Antoniani, Giappichelli Editore, 2020;
  • De Simone Giulio, Sub art. 612-bis, in Commentario breve al Codice penale, VI ed. a cura di Forti, Seminara e Zuccalà, Wolters Kluwer Cedam, Milano, 2017;
  • De Simone Giulio, Atti persecutori – questioni sul tappeto in tema di atti persecutori: il punto di vista della Cassazione, in Giur. It., 2021, 2, 427 (nota a sentenza);
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  • Romano Bartolomeo (a cura di), aggiornato da Dalila Mara Schirò, Codice Penale commentato, art. 612-bis – Atti persecutori, Wolters Kluwer Italia Srl;
  • Spasari Tommaso, Mobbing, Aspetti giuridici e psicopatologici, La Sapienza Editrice, Roma, 2005;
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  • Spasari Tommaso, I profili sociologici, giuridici e medico-legali del mobbing, in Bollettino dell’O.M.C.eO. di Roma, “Mobbing patologia professionale Stress – correlata ai conflitti nei luoghi di lavoro Burn out”, pagg. 7–8, anno 58 – numero 4 dei mesi di luglio – agosto 2006.

Sitografia

 

Contributi degli Autori e note legali

 

Sebbene il presente articolo sia il risultato di uno studio condiviso e di una ricerca svolta in collaborazione scientifica tra gli Autori, sono formalmente attribuiti integralmente alla Prof.ssa Barbara Palleschi i paragrafi 1, 2, 5, 6, ed anche il paragrafo delle “Conclusioni” nonché quello inerente alla Sitografia da Lei personalmente ed esclusivamente redatti in piena autonomia.

Invece sono interamente attribuiti al Prof. Avv. Tommaso Spasari i paragrafi 3 e 4 da Lui singolarmente e personalmente redatti in piena autonomia. Viceversa, la Bibliografia è stata redatta in collaborazione ed in uguale misura da entrambi gli Autori.

Inoltre l’apporto individuale degli Autori per quanto concerne la ripartizione dei compiti e delle altre attività inerenti alla presente pubblicazione è come di seguito suddiviso:

Barbara Palleschi: progettazione dell’articolo di cui è prima Autrice, collaborazione nella ricerca multidisciplinare di gruppo, ricerca ed interpretazione dei dati e scrittura dei propri paragrafi; preparazione e redazione originale della bozza.

Tommaso Spasari: concettualizzazione e supervisione dell’articolo, collaborazione nella ricerca multidisciplinare di gruppo, ricerca ed interpretazione dei dati e scrittura dei propri paragrafi, traduzione del testo in lingua inglese, revisione, modifica ed impaginazione finale del manoscritto.

 

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Dichiarazione di conformità all’originale

Gli Autori hanno letto ed accettato la presente versione pubblicata del loro manoscritto che dichiarano conforme all’originale da loro consegnato al Comitato di redazione di questa Rivista.

 

Dichiarazione sul conflitto di interessi

Gli Autori dichiarano che la presente ricerca, la raccolta, l’elaborazione e lo studio dei dati correlati alla redazione di questo articolo sono stati condotti in assenza di relazioni commerciali o finanziarie che potrebbero essere interpretate come un potenziale conflitto di interessi.

 

Finanziamento

Questo articolo di ricerca non ha ricevuto finanziamenti esterni.

 

 

 

[*]Pedagogist; Expert in Criminology and Forensic Sciences; Lecturer at the Niccolò Cusano University of Rome; Deputy Chief Editor of the Journal of Medicine and Human Sciences;

Pedagogista, Esperta in Criminologia e Scienze Forensi, Docente nell’Università degli Studi Niccolò Cusano – Telematica Roma; Vice Capo Redattore della Rivista di Medicina e Scienze Umane;

[†]Professor at the Niccolò Cusano University of Rome; Scientific Director of the Journal of Medicine and Human Sciences; Head of Medical Disciplines; Doctor of Medicine (M.D.); Doctor of research (Ph.D.); Attorney at Law (Esq.); Postgraduate Specialization Diploma for the Legal Professions (SSPL).

Professore nell’Università degli Studi Niccolò Cusano – Telematica Roma; Direttore Scientifico della Rivista Medicina e Scienze Umane, Responsabile delle Discipline Mediche; Medico Chirurgo; Dottore di Ricerca in Medicina Legale e Scienze Forensi; Avvocato; Specialista in Professioni Legali;

[1] Art. 612-bis c.p.

[2] Cassazione penale, sez. V, sentenza 02/01/2019 n° 61

[3] Art. 612-bis c.p.

[4] www.istat.it

[5] c.p. art. 612-bis. Atti persecutori

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.

La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.

[6] V., ROMANO, Delitti contro la sfera sessuale della persona, 6a ed., Milano, 2016, 14;

[7] Sarebbe secondo alcuni postulabile uno stalking sia proprio sia improprio, v., al riguardo Muscatiello, Il cosiddetto stalking, in Scritti in memoria di Giuliano Marini, Napoli, 2010, 573;

[8] V., Cass., Sez. V, 23.4.-10.9.2014, n. 37448;

[9] V., ex multis, ROMANO, Diritto penale, Parte generale, IV ed., Milano, 2016, 423;

[10] Cfr., amplius, BRICCHETTI, PISTORELLI, Entra nel codice la molestia reiterata, 62, e VALSECCHI, Il delitto di “atti persecutori” (il c.d. stalking), in RIDPP, 2009, 1398;

[11] V., Tribunale di Napoli, 30.6.2009, che ha ritenuto «ravvisabile un concorso di reati nell’ipotesi in cui i maltrattamenti siano ad un certo punto cessati e siano, invece, proseguite le condotte di “stalking”», tuttavia questa giurisprudenza minoritaria è stata negletta sicché è prevalso l’assorbimento nella fattispecie incriminatrice più grave;

[12] Si veda al riguardo, Fiandaca-Musco, Diritto penalept. spec., II, t. I, IV ed., Zanichelli, Bologna, 2013, 229, «la fattispecie […] è caratterizzata da una serie di condotte […] che rinvengono la ratio dell’antigiuridicità penale nella reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice […]», si veda anche Cass. pen, Sez. V, 4 aprile 2019, n. 36139;

[13] Cfr., ex plurimis, Cass., Sez. V, 12.2-4.6.2020, n. 16977; C., Sez. V, 9.10.2019-24.1.2020, n. 3042; C., Sez. V, 14.1- 21.2.2019, n. 7899; C., Sez. V, 23.1-22.2.2018, n. 8744; C., Sez. V, 3.2-31.8.2017, n. 39758; C., Sez. V, 3.4-19.7.2017, n. 35588; C., Sez. V, 13.2-24.5.2017, n. 25940; C., Sez. V, 17.11.2015-24.3.2016, n. 12509; C., Sez. III, 7.3-5.6.2014, n. 23485; C., Sez. V, 27.11.2012-15.5.2013, n. 20993; C., Sez. V, 25.10.2012-15.2.2013, n. 7544; C., Sez. I, 8.2-8.3.2011, n. 9117;

[14] Autorevole dottrina si è espressa in tal senso, v., amplius, Viganò, Il delitto di atti persecutori, in Trattato di diritto penale – parte speciale diretto da Marinucci e Dolcini, X, Cedam, Padova, 2015, 664; Dinacci, voce “Stalking”, in Enc. Giur. Treccani, XVIII, Roma, 2010, 2; Nisco, La tutela penale dell’integrità psichica, Torino, 2012, 224; Valsecchi, Sub art. 612-bis, in Codice penale commentato diretto da Dolcini e Gatta, t. III, IV ed., Milano, 2015, 552; Mantovani, Diritto penalept. spec., I, V ed., Padova, 2013, 354; Maugeri, Lo stalking tra necessità politico-criminale e promozione mediatica, Torino, 2010, 106;

[15] V., Cass., Sez. V, 8.2-7.5.2019, n. 19255; C., Sez. V, 1.12.2017-3.1.2018, n. 104; C., Sez. V, 23.2-31.3.2017, n. 16205; C., Sez. V, 13.6- 15.9.2016, n. 38306; C., Sez. V, 16.6-29.7.2015, n. 33563;

[16] V., Cass., Sez. V, 28.2-27.3.2017, n. 14845;

[17] V., Cass. pen. Sez. V, 19 febbraio 2020, n. 17361 nonché, in senso conforme, Cass. pen., 4 aprile 2019, n. 36139, Cass. pen., Sez. V, 24 settembre 2015, n. 43085; Cass. pen., Sez. V, 19 febbraio 2014, n. 18999; Cass. pen., Sez. V, 3 aprile 2017, n. 35588;

[18] Cass. pen., Sez. V, 8 luglio 2019, n. 48055;

[19]V., Cass. pen., 8 luglio 2019, n. 48055; Cass. pen., Sez. V, 22 gennaio 2018, n. 10111; Cass. pen., Sez. V, 3 luglio 2015, n. 45453; Cass. pen., Sez. V, 6 dicembre 2016, n. 22194;

[20] Va precisato che però esiste un indirizzo dottrinale minoritario che lo considera un reato di mera condotta e di pericolo concreto: v., ex plurimis, Maugeri, op. cit., 133 e seg., 148 e segg., 153 e segg., 156 e segg.;

[21] Mantovani, Diritto penalept. spec., I, V ed., Padova, 2013, 353 s.;

[22] Cfr., Cass. pen., Sez. V, 14 gennaio 2019, n. 7899; Cass. pen., Sez. V., 10 febbraio 2020, n. 15651; Cass. pen., Sez. V, 12 febbraio 2020, n. 16977;

[23] Cfr., ex plurimis, FIANDACA, MUSCO, Diritto penale, Parte spec., II, I, I delitti contro la persona, 4a ed., Bologna, 2013, 227. Ravvisa il bene tutelato nella «serenità psicologica»; CADOPPI, Atti persecutori: una normativa necessaria, in Gdir, 2009, 19, 52;

[24] Ex plurimis, Cass. pen., Sez. V, 23 gennaio 2018, n. 8744; Cass. pen., Sez. III, 16 gennaio 2015, n. 9222; Cass. pen., Sez. V, 16 dicembre 2015, n. 21407; Cass. pen., Sez. III, 7 marzo 2014, n. 23485;

[25] MACRÌ, Modifica della disciplina delle circostanze aggravanti e nuovo delitto di “atti persecutori”, in DPP, 2009, 824;

[26] PISTORELLI, Il reato di “stalking”, 3;

[27] V., MANTOVANI, Diritto penale, Parte spec., I, Delitti contro la persona, 6a ed., Milano, 2016, 274 ss.;

[28] Cfr., in questo senso, MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, 5a ed., Torino, 1986, 193;

[29] Cass., Sez. V, 17.4-23.5.2019, n. 22843;

[30] Cass., Sez. V, 27.4- 8.6.2017, n. 28623;

[31] Cass., Sez. V, 1.3-12.6.2019, n. 26049; C., Sez. V, 28.11-28.12.2017, n. 57764;

[32] Cass., Sez. VI, 16.7- 30.8.2010, 32404;

[33] Mi sia consentito, a questo riguardo, il rinvio a Tommaso Spasari, Mobbing, Aspetti giuridici e psicopatologici, La Sapienza Editrice, Roma, 2005, cit. p. 28;

[34]  Cfr., amplius, Palazzo, Corso di diritto penale, VI ed., Torino, 2016, 131 e segg.;

[35] V., Corte Cost. 11.6.2014, n. 172, in Giur. Cost., 2914, 2729 e segg., con nota di Giunta, Il diritto (malamente) vivente salva gli atti persecutori (2738 e segg.), e in Foro It., 2014, 2283 e segg., con nota di Leineri. V. pure Valsecchi, La Corte costituzionale fornisce alcune importanti coordinate per un’interpretazione costituzionalmente conforme del delitto di stalking, in Dir. Pen. Cont. on line (23 giugno 2014);

[36] V., a questo riguardo, Manna, Visione «minimalista» o «espansiva» della fattispecie di atti persecutori? (nota a Cass. pen., Sez. V, 2 marzo 2010, n. 25527), in Giur. It., 2011, 634;

[37] V., amplius, Marinucci-Dolcini, Manuale di diritto penale, parte generale, V ed., Milano, 2015, 63 e segg., 70 e seg. e 71 e segg.;

[38] V., Cass. pen., Sez. III, 9 gennaio 2018, n. 11920;

[39] Si faccia riferimento in tema di giustizia costituzionale all’autorevole opinione dottrinale di Giovanni D’Alessandro, La Corte costituzionale e lo “strano caso” della decisione in due tempi della vicenda “Cappato-Antoniani” sull’aiuto al suicidio, in Giovanni D’Alessandro-Ombretta Di Giovine (a cura di), La Corte costituzionale e il fine vita. Un confronto interdisciplinare sul caso Cappato-Antoniani, Giappichelli Editore, 2020, cit. pag. 129;

[40] Cfr., ROMANO, Delitti contro la sfera sessuale della persona, 6a ed., Milano, 2016, 14, nonché PISTORELLI, Il reato di “stalking” e le altre modifiche al codice penale nel D.L. n. 11/2009 conv. in l. n. 38/2009, in www.penale.it;

[41] Sullo jus superveniens v. al riguardo: Cass., Sez. V, 27.5- 16.11.2016, n. 48268; C., Sez. V, 19.2-8.5.2014, n. 18999; C., Sez. V, 6.11.2012- 6.3.2013, n. 10388;

[42] V., amplius, T. Milano 17.4.2009. Contra, Comm. Trib. Prov. Reggio Emilia, ord., 12.3.2009;

[43] V., Cass., Sez. V, 5.3.2018, n. 9956; nonché Cass., Sez. V, 19.7.2017, n. 35588;

[44] V., sul punto, Giulio De Simone, Il delitto di atti persecutori, Aracne, Roma, 2013;

[45] Cfr., amplius, Ege, Oltre il mobbing, Franco Angeli, Milano, 2005;

[46] V. Cass. pen., Sez. V, 26 settembre 2019, n. 46165, nonché Cass. pen., Sez. V, 3 aprile 2018, n. 33842;

[47] V., Cass. pen., Sez. V, 16 settembre 2014, n. 5313 ed anche Cass. pen., Sez. V, 25 ottobre 2013, n. 46446;

[48] Art. 612-bis c.p.

[49] Mullen PE, et al. Study of Stalkers. Am J Psych 1999;156:1244-49

[50] Ibidem nota 6